COMMENTO ALLO STANDARD

del Dott. Antonio Morsiani

Il San Bernardo è un cane da soccorso appartenente al Gruppo Molossoide (secondo la classificazione di Pierre Mégnin) e alle razze concavilinee di grande formato a pelo lungo e corto (secondo la classificazione di Paul Déchambre).
Gli inglesi lo chiamano il «cane santo» o piú semplicemente «il santo» per le sue facoltà quasi medianiche (che gli consentono di segnalare con sensibile anticipo valanghe, maltempo, terremoto) e per l’attitudine innata al salvataggio che è pari alla disposizione del cane da ferma o da seguito per la caccia. Infatti anche se il San Bernardo ha trovato la sua leggenda nella neve, lo si può considerare cane da soccorso indifferentemente in montagna ed in acqua.
Guardiano severo della casa, amico paziente dei bambini che difende e protegge con fulminea percezione del pericolo, per la sua enorme mole e potenza non ha rivali se attaccato.
Per le sue qualità morali unite a bellezza, rusticità ed adattabilità a qualsiasi clima molti sono i cinofili che lo desiderano per compagnia, guardia e custodia dei bambini.
Lo Standard che qui viene presentato nella sua versione integrale, fu approvato il 2 giugno 1887 al Congresso Cinologico di Zurigo e ha subíto, nel corso del secolo, solo lievissime modifiche. Si tratta di un testo arcaico che richiederebbe, alla luce dei progressi che la razza ha fatto da quella data ad oggi, un opportuno aggiornamento. Crediamo perciò di fare cosa utile fornendo alcuni commenti integrativi.

IL TIPO NEL SAN BERNARDO

Molti espositori rimangono sconcertati perché il nostro San Bernardo nelle mostre viene giudicato in modo diverso, talora antitetico, secondo la latitudine o la nazionalità del giudice e si chiedono come ciò possa accadere su un unico standard. Capita infatti che spesso un cane qualificato «eccellente» nel suo paese d’origine venga declassato fuori dai confini nazionali.
Per capire questo sconcertante fenomeno bisogna tenere presente che da almeno 35 anni la razza si sta scomponendo in tipologie dissimili secondo il paese d’appartenenza dell’allevatore. Oggi, in sostituzione delle quasi estinte vecchie versioni svizzera e tedesca che hanno espresso i cani più belli d’ogni tempo, si vanno imponendo nuove tipologie che rappresentano caratteri morfologici contrastanti (la nuova versione svizzera, la nuova versione tedesca e la versione americana). Ci limitiamo per ora a rilevare che i cani delle vecchie versioni svizzera e tedesca ebbero il loro stadio di massimo splendore, come sappiamo, nel cosiddetto «periodo d’oro» della razza (1920/1940) e protrassero le loro linee di sangue fino al 1960, per poi diluirsi quasi totalmente nelle nuove versioni.

Tre soggetti della “Golden Era”.
(Da sinistra): Emir v. Jura, Rasko v. d. Reppish, Gerd Belmont

I cani del periodo d’oro rimangono ancora dei modelli insuperati e crediamo che noi tutti allevatori dovremmo sforzarci di tornare sulle loro straordinarie tipologie. Questi cani del vecchio tipo svizzero e tedesco erano sostanzialmente simili fra loro, tranne che in alcune particolarità che esistevano più come incentivo al miglioramento della razza attraverso scuole in concorrenza, che nella sostanza. Per esempio gli svizzeri erano superiori nei colori, nelle marcature bianco brillanti, nella carica di nobiltà e nella funzionalità, i tedeschi erano ancora più marcati, squadrati e angolosi nelle teste, ma il margine di differenza era minimo. La grande Meta von Lotten, trionfatrice del Campionato Mondiale 1935 a Francoforte, non differiva, nelle caratteristiche di base, dalla famosa Campionessa tedesca Leda von Taubertal, nata 7-8 anni prima, e così il celebre Sieger svizzero Apollo Rongang, venduto in America per una cifra sufficiente a comprare un residence nel centro di Zurigo o di Monaco, era morfologicamente molto vicino a Kavalier von Grossglockner, pietra miliare dell’allevamento germanico degli anni ’20. Egualmente il famoso Emir von Jura di Giavina e suo figlio Rasko von der Reppisch, che rappresentavano (sprattutto il primo) il top della razza San Bernardo, non si staccavano proprio tanto dai loro coevi tedeschi Nelson von Falkenstein e Lütjer von Hemphorn. Ma c’è di più: il Camp. svizzero Marco von Rigi era in tutto simile ai migliori pelo corto tedeschi dell’epoca.
Questa uniformità aveva diverse ragioni. La prima era dovuta a frequenti scambi di cani, la seconda era che i giudizi erano uniformi in ogni paese d’Europa.


Un altro soggetto della “Golden Era”,
Nero v. Emmenthal

Viceversa, nel dopoguerra, le cose sono cambiate radicalmente e i vari clubs di razza si sono chiusi in una sorta di autarchia che ha finito per bloccare l’interscambio e ha portato all’esaurimento delle linee di sangue con conseguente diminuzione della vitalità, riduzione della statura, distrofie, esplosione di caratteri negativi latenti, ecc.
Insomma, può sembrare un paradosso, ma nell’era dei computer, degli aerei supersonici e dei razzi interplanetari, il mondo del San Bernardo, anziché progredire e internazionalizzarsi, è andato a ritroso. Le vecchie piaghe dello sciovinismo, del provincialismo e dell’empirismo che credevamo debellate, sono ricomparse con rinnovata virulenza.
Se seguiamo la cronistoria dell’allevamento so profilo del tipo vediamo che lo Standard ebbe due azioni: quella adottata nel 1886 dall’SKG e quella successiva approvata dal Congresso Internazionale d rigo il 2 giugno 1887. Ambedue gli Standards, come detto, furono compilati prendendo a modello i can Dr. Künzli, di Schumacher e di altri. Se confrontiamo questi Standards con quelli coevi di altre razze, vediamo che erano assolutamente all’avanguardia.
Tuttavia i cani che avevano ispirato lo Standard per assurdo, trent’anni dopo, fossero andati in concorrenza in esposizione coi prototipi del periodo d’oro (che pure su quello Standard si basavano), avrebbero sfiorato il declassamento.
Cosa significa tutto ciò? Che lo Standard già anni ’20-’30 di questo secolo era divenuto obsoleto potenzialmente non più in grado di contenere la razza entro un’unica tipologia. M San Bernardo infatti s evoluto indipendentemente dallo Standard. Del resto tutti gli Standards «ottocenteschi» erano rapidamente invecchiati, in seguito ai progressi che le scienze zootecniche avevano fatto.
Per questa ragione nel 1934 il Congresso Cinologico Mondiale di Monaco stabilì, alla luce di queste scienze, delle regole fisse nella descrizione delle caratteristiche etniche delle razze canine a cui i paesi federati si sarebbero dovuti adeguare. Per il San Bernardo come peraltro per altre varietà canine, non fu ritenuto necessario da parte dell’SKG (Kennel Club Svizzero) un allineamento (o quanto meno un adeguamento alle nuove tipologie espresse dal «periodo d’oro»), cosicché la razza continuòò a progredire fino al ’40 per lo spontaneo aggiornamento applicato tacitamente allo standard dai grandi allevatori d’anteguerra. Purtroppo questa autentica aristocrazia di amatori del San Bernardo ebbe pochissimi epigoni cosicché tutta una tradizione di allevamento e selezione non poté essere recepita nel dopoguerra dalla nuova classe di allevatori (in maggioranza autentici outsider). In tali circostanze la mancata modernizzazione dello Standard o un suo mancato modulo interpretativo, contribuì all’attuale anarchia.
Cosa conviene oggi fare per mettere ordine nel caos?
Compilare un nuovo Standard?
Certamente sì purché fatto con i criteri del Congresso di Monaco 1934. Purtroppo c’è da dubitare che ciò possa verificarsi come l’attuale riedizione dello Standard sta a dimostrare.
Lasciamo allora lo Standard così com’è senza manometterlo e cerchiamo invece, basandoci su quanto la scienza cinotecnica può offrirei, di interpretarlo attraverso un adeguato studio sulla razza.


Xenos v. Taubertal,
un vincitore della “Golden Era”

Tutti sanno che l’anatomia comparata ci permette oggi da un osso di ricostruire un intero animale e che esistono delle leggi di correlazione dei caratteri anatomici, per cui le caratteristiche di alcune regioni del corpo consentono di stabilirne l’intera architettura. Per fare un esempio elementare, una testa molto stretta avrà sempre gli occhi in laterale e a mandorla ed una testa larghissima avrà sempre gli occhi in frontale e tondi, così un cranio dotato di stop molto marcato avrà sempre gli assi longitudinali superiori del cranio e del muso convergenti fra loro e il muso corto, viceversa un cranio con stop molto sfuggente o inesistente avrà sempre gli assi suddetti divergenti fra loro e il muso lungo.
Queste regole ci consentono di impostare lo studio delle razze canine con relativa facilità.
Non tutti gli amatori del San Bernardo sanno che le razze più progredite si sono giovate dei suddetti studi. Basti pensare alle ricerche americane, francesi e italiane sui trottatori e i galoppatori, alle osservazioni sul movimento del pastore tedesco (che hanno contribuito al potenziamento di detta razza), agli studi di meccanica e cinematica animale compiuti sul Boxer da Frau Stockmann negli anni ’30-’40 (e successivamente da altri), che hanno permesso un progresso senza pari dell’apparato locomotore di questo cane o infine all’analisi sulla morfologia e il tipo del Pointer e delle razze Setter, che hanno trasformato tali cani in autentiche automobili da corsa.
L’errore che molti commettono è di credere che lo Standard sia un’enciclopedia contenente tutto lo scibile cinotecnico relativo alla razza e non invece (nel nostro caso) la sintesi di un momento storico di passaggio del cane da lavoro nel cane da esposizione.

«Durch Arbeit zum Typus»: «attraverso il lavoro si perviene al tipo», in zootecnia ciò che conta non è solo la bellezza assoluta, estetica, ma la bellezza di adattamento o utilitaria nella quale si ha una perfetta armonia fra le forme esterne e le funzioni che l’animale deve esplicare. Di conseguenza è bello soprattutto l’animale utile, quello cioè nel quale i singoli organi ed apparati sono perfettamente adatti al lavoro che devono compiere. Ad es.: un bassotto è senz’altro brutto esteticamente, ma diventa bellissimo in rapporto alla sua funzione.


Lütjer v. Hemphorn,
un esponente della “Golden Era”

Concludendo: in cinotecnia la bellezza non è tanto un «quid» che appaga lo sguardo di un artista (quale una statua greca o una figura dipinta da Leonardo), ma tutto ciò che indica una buona struttura, un’attitudine massima ad una data funzione. D’altra parte noi sappiamo che le razze non sono entità statiche, ma gruppi in continua evoluzione. C’è allora da chiedersi, per quanto riguarda la mansione di cane soccorritore del San Bernardo, se l’evoluzione da Schumacher fino ai giorni nostri sia stata positiva o negativa. La risposta da dare è difficile perché da diversi anni la nostra razza non ha più un riscontro sul piano della funzione, cioè del lavoro, come tante altre del resto. Infatti nel lavoro di montagna il San Bernardo è stato soppiantato non da altre razze (come credono i profani), ma dai mezzi tecnici inventati dall’uomo.
Quello attuale è invece un lavoro d’équipe nel quale il ruolo del cane ha perduto il 90 se non il 100% della sua utilità, talché si usano abitualmente razze prive di specifiche attitudini al soccorso (come ad es. Pastori Tedeschi), ma di mole più adatta al trasporto aereo.
Da tutto ciò consegue che se noi volessimo sperimentare sul piano del lavoro i nostri attuali cani (dressandoli fin da cuccioli) con i metodi dei monaci, non troveremmo più le condizioni adatte.


Da sinistra: il Camp. Mond. It. Kl. Sg. Marte II del Soccorso (prop. M. Cecchini)
e la Camp. It. Kl. Sg. Alba (prop. Casagrandi)

Ben diversa la situazione per le razze da difesa o da caccia il cui assetto morfologico può di continuo essere verificato in lavoro.
Approfondiremo questi temi in un altro capitolo.
La domanda che ci dobbiamo allora porre è la seguente: il San Bernardo del giorno d’oggi è una razza moderna che ha perduto le attitudini dei suoi lontani antenati, come già nel 1930 affermava Hans Glockner, o invece un cane da lavoro abbellito, come sosteneva in pari epoca Gustave Giavina?
Personalmente siamo convinti che i cani di vecchia versione tedesca e svizzera (soprattutto questi ultimi) fossero potenzialmente dei cani da lavoro e lo siano quei pochissimi che ancora Vi appartengono.
Al contrario credo che quasi tutti i cani attuali (nuova versione tedesca, americana e svizzera) siano da considerarsi ottimi per la guardia, ma inadatti al lavoro. Infatti noi troviamo oggi, da una parte cani molto lenti, quasi brachimorfi, con peso eccedente in rapporto alla taglia, arti corti, muscolatura breve con habitus digestivo, complessione ipoossidativa (quindi tendenzialmente ipotiroidei, talora ipogenitali), nuova versione tedesca. Dall’altra, all’estremo opposto, i cani svizzeri di nuova versione ci offrono soggetti troppo leggeri, quasi ipotipici, con arti sottili, habitus respiratorio, complessione iperossidativa, rammentanti i cani da capanna e segnatamente il Grosser Schweizer Sennenhund.
Ora, è senz’altro vero che i cani bovari o i cani dei contadini in genere sono talvolta entrati, ad opera dei monaci, nel ceppo del vecchio mastino alpino che ha costituito la base fondamentale del cane di San Bernardo, ma è anche vero che i monaci hanno sempre effettuato incroci di rafforzamento, sia mediante l’outbreeding con ceppi della valle dello stesso mastino alpino (presente nelle case nobiliari dal Medioevo), sia con il crossbreeding utilizzando, di volta in volta, il Broholmer, il Mastiff inglese, il Terranova ed il Pirenaico. Era infatti fondamentale per i monaci rafforzare la statura e la massa quali caratteristiche essenziali per il lavoro del cane. Come peraltro era necessario potenziare sempre più l’olfatto e soprattutto il teleolfatto, che ha la sua base fisiologica nei seni frontali. Questi sono, come vedremo, dei veri e propri condensatori d’aria che permettono, quanto più sono ampi, una migliore percezione degli odori lontani portati dal vento. Le caratteristiche bozze frontali, cosi sviluppate nel San Bernardo, rispondono dunque ad una ben precisa funzione. In questo senso le bozze frontali di Rasko von der Reppisch e di Apollo Rougang possono considerarsi ideali. Il suo proprietario, il già citato Giavina, nel 1941 ci scriveva di ritenere i cani da lui prediletti, cioè quelli del periodo d’oro, ancora migliori per il lavoro dei loro antenati sia per la superiore conformazione del cranio, sia per la figura ben più potenziata in senso atletico.


Il Camp. Mond. It. Kl. Sg. Marte II del Soccorso
(prop. M. Cecchini)

Personalmente, per aver posseduto cani di quel tipo, non stentiamo a credergli, benché manchi, per i motivi esposti, un ampio riscontro sul piano pratico. Certo è che questi eccezionali cani rappresentavano il San 72 Bernardo così come i grandi allevatori del passato l’avevano voluto. Essi, d’altra parte, sono anche i più vicini morfologicamente ai vecchi mastini alpini quali ci appaiono nei dipinti attribuiti a Salvator Rosa (fine ‘600) o alle statue in arenaria poste all’ingresso del castello di Belp, nel cantone di Berna (fine ‘700).
Questi cani della vecchia versione svizzera e tedesca avevano una loro tipica, armonica forma architettonica. Gli arti erano lunghi rispetto alla distanza gomito-garrese (lieve eccedenza gomito-terra). Il garrese era alto e lungo, la linea dorsale dritta a tagliere e lievemente rampante, l’ossatura molto voluminosa, ma perfettamente asciutta. La spalla era lunga il 30% dell’altezza al garrese, ben obliqua sull’orizzontale (50%) con angolo scapolo-omerale sui 105/110°, la groppa lunga, larga, quasi orizzontale (15/25°). La coscia era estremamente sviluppata (pari a oltre il 70% dell’altezza al garrese la sua circonferenza), con muscoli lunghi e piuttosto prominenti.

Elementi biometrici

Prima di intraprendere lo studio dettagliato sulla morfologia del San Bernardo è opportuno che il lettore abbia ben chiari alcuni elementi biometrici.
Di valido ausilio per la valutazione morfo-funzionale del cane è la misurazione dell’altezza al garrese, della lunghezza del tronco, della larghezza, altezza e profondità toracica. Queste misure consentono di precisare il «tipo morfologico» del cane in esame e cioè se il soggetto è di tipo «mediolineo» o «mesomorfo»(con proporzioni diametriche medie a rapida e forte contrazione), di tipo» longilineo” o “dolicomorfo” (cioè di forme slanciate con altezza e lunghezza preponderanti sui diametri trasversi ad estensione di contrazione) o di tipo «brevilineo» o «brachimorfo» (a diametri trasversi e a spessori sviluppatissimi con grande intensità di contrazione). Tutto ciò viene espresso da indici, cioè dal rapporto centesimale di una misura rispetto a un’altra presa come punto di riferimento.
Tali indici sono fondamentalmente due:

1) l’indice corporale,
2) l’indice toracico.

 Indice corporale

È dato dalla lunghezza del tronco moltiplicato 100 diviso il perimetro toracico.
Si esprime con la seguente formula:

Lunghezza tronco x 100

Perimetro toracico

A) Brachimorfismo   = Indice corporale 50/70
B) Mesomorfismo    = Indice corporale 70/85
C) Dolicomorfismo  = Indice corporale 85/100

Da numerose misurazioni da noi effettuate in un trentennio su centinaia di soggetti il San Bernardo risulta avere un indice corporale di 80.

 Indice toracico

È dato dalla larghezza del torace moltiplicato 100 diviso l’altezza del torace.
Si esprime con la seguente formula:

Larghezza torace x 100

Altezza torace

A) Brachimorfismo   = Indice toracico 90/100
B) Mesomorfismo    = Indice toracico 60/90
C) Dolicomorfismo  = Indice toracico 50/60

Il San Bernardo ha un indice toracico di 70.
Esistono anche altri indici zoometrici che per la loro complessità non possono entrare nel presente lavoro. A parte il fatto che gli stessi indici da noi indicati sono approssimativi perché derivati dall’ippologia. Sarebbe auspicabile che qualche cinotecnico si accingesse a presentarne di più aderenti.

 Indice cefalico

Per stabilire il tipo morfologico della testa è importante il riferimento fra la sua larghezza e la sua lunghezza. Il valore di questo indice (indice cefalico) suddividerà le razze canine nei tipi brachicefalo, mesocefalo e dolicocefalo. L’indice cefalico è dato dalla larghezza della testa moltiplicato 100 e diviso per la lunghezza della testa.
Si esprime con la seguente formula:

Larghezza della testa X 100

Lunghezza della testa

A) Brachicefalia   = Indice cefalico superiore a 50
B) Mesocefalia    = Indice cefalico uguale a 50
C) Dolicocefalia  = Indice cefalico inferiore a 50

Il San Bernardo è un brachicefalo avendo un indice cefalico totale di 64/66.
Sempre per quanto riguarda la testa una sua comprensione implica la conoscenza precisa dell’andamento degli assi longitudinali superiori del cranio e del muso.
La testa del cane, a seconda delle varie razze, presenta tre profili: il rettilineo o ortoide, il concavilineo o celoide, il convessilineo o cirtoide. Questi profili fanno riferimento al comportamento degli assi longitudinali superiori del cranio e del muso (assi cranio-facciali).
Per valutare il comportamento di questi assi fra loro dobbiamo prendere in esame un asse superiore relativo al cranio e un asse superiore relativo al muso. Tali assi sono tracciati empiricamente ad occhio dal giudice sul ring, mentre il loro precisissimo decorso è misurabile solo con il compasso:
A) L’asse longitudinale superiore del cranio va dal punto craniometrico «inion» (che si trova al vertice della protoberantia occipitalis externa) al punto craniometrico «nasion» (che si trova nel punto d’incontro delle suture delle ossa nasali con le ossa frontali).
B) L’asse longitudinale superiore del muso segue il profilo superiore della canna nasale dal tartufo allo stop. Come già detto tutte le razze canine sottostanno a tre profili che conseguono a tre diversi comportamenti degli assi:
1) Profilo rettilineo
I due assi non s’incontrano mai, cioè sono tra loro paralleli (parallelismo). Razze con teste ad assi cranio-facciali paralleli sono l’alano, il mastiff, il mastino napoletano, il pastore tedesco, il San Bernardo inglese, ecc.
2) Profilo concavilineo
I due assi s’incontrano formando una concavità verso l’alto. Il prolungamento all’indietro dell’asse superiore del muso passa sempre dietro alla cresta occipitale (convergenza). Razze con testa ad assi cranio-facciali convergenti sono il pointer, il boxer, il dogue de Bordeaux, il San Bernardo, ecc.
3) Profilo convessilineo
I due assi s’incontrano formando una concavità verso il basso. Il prolungamento all’indietro dell’asse superiore del muso passa sempre davanti alla cresta occipitale (divergenza). Razze con testa ad assi craniofacciali divergenti sono il bloodhound, il borzoi, il bracco italiano, il bullterrier, il San Bernardo inglese di vecchio tipo, ecc.
Nel caso del San Bernardo il profilo concavilineo del cranio e del muso, cioè la convergenza, costituisce un imprescindibile carattere di tipo.

La convergenza sottostà a due forme: A) la monoconvergenza (solo il cranio è convergente sul muso, cioè solo l’asse del cranio converge sull’asse del muso; B) la biconvergenza (sia il cranio che il muso sono tra loro convergenti, cioè sia l’asse del cranio che l’asse del muso convergono fra loro).
Il San Bernardo, il pointer, il bullmastiff, il dogue de Bordeaux, ecc. sono «monoconvergenti» (solo i loro ipertipi sono talvolta biconvergenti), il bulldog, il boxer, ecc. sono «biconvergenti».

La monoconvergenza
nella testa corretta (a sinistra) e la biconvergenza
nell’ipertipo (a destra)

Caratteristiche generali

Il San Bernardo, definito da Paul Déchambre il più maestoso ed imponente di tutti i cani, è un gigante che impressiona per potenza atletica e nobiltà.
La nobiltà (che non è soltanto distinzione) essenziale nella razza, perché connessa al tipo, nasce dalla forma, dal colore e dal portamento.
Il San Bernardo ha un indice corporale, come abbiamo visto, attorno a 80 e un tronco che supera del 12%-15% l’altezza al garrese.
È dunque un mesomorfo il cui tronco sta nel rettangolo. Armonico rispetto al formato è disarmonico rispetto ai profili avendo la testa a profilo concavilineo e il dorso a profilo rettilineo.
Normotipo paracentrale superiore o atletico, di temperamento endocrino iperpituitarico ed ipersurrenalico è caratterizzato da gigantismo, ossatura pesante e compatta (la più forte dell’intera specie canina) e da masse muscolari sviluppatissime. Tipico cane da lavoro, dotato di grande resistenza ed erculea forza, ha movimento sciolto e potente.

Testa

Anton von Höfli, uno dei più bei
San Bernardo di tutti i tempi

Un assioma osservato da tutti gli esperti è che «la testa dice razza» e cioè che la testa deve essere ritenuta fondamentale nella determinazione del tipo.
Questo è valido indistintamente per tutte le razze canine, ma lo è a maggior ragione per i cani molossoidi che sono fisionomicamente i più tipicizzati (basti pensare al bulldog, al boxer, al mastiff inglese, al mastino napoletano, al dogue de Bordeaux e naturalmente al nostro San Bernardo).

La testa del San Bernardo stupisce ed affascina per la sua potenza e nobiltà. Imponentissima e regale esprime in modo dominante i caratteri etnici e perciò esige assoluta priorità nel giudizio sul tipo.
L’insieme cranio-muso angoloso e quadrato è una meraviglia architettonica per simmetria ed equilibrio.

Camp. Alba (prop. Casagrandi)

 

L’espressione indica dignità, coscienza della propria forza, affabilità e intelligenza.
Caratterizzata dalla convergenza degli assi longitudinali superiori del cranio e del muso (angolo 165°), la testa ha una lunghezza totale e una larghezza bizigomatica pari rispettivamente al 39% e al 25% dell’altezza al garrese.
La larghezza bizigomatica coincide con la lunghezza del cranio ed il perimetro della testa, mi surato agli zigomi, è, anche nelle femmine, più del doppio della lunghezza totale della testa.
L’indice cefalico totale è, come visto, attorno a 64/66 (netto brachicefalismo).


Tartufo

Il tartufo è voluminosissimo, squadrato, cioè quanto più possibile avvicinantesi alla forma di un parallelepipedo rettangolo (se a facce troppo ricurve va penalizzato), rigorosamente nero con ali nasali non troppo carnose e narici estremamente ampie, aperte e mobili. Bottoni foveole (dotti escretori delle ghiandole sudoripare) e scanalatura mediana sono molto evidenziati.
La larghezza del tartufo nei buoni maschi supera i cm 6 e può arrivare a cm 7 (è infatti il tartufo più largo della specie).
I cani che associano un tartufo piccolo a muso conico vanno declassati. Talvolta un muso esemplare, cioè largo a facce laterali parallele, può avere un tartufo stretto e questa particolarità toglie alla testa tipicità e potenza, va penalizzata, specie nei maschi. Le narici piccole e poco aperte sono da bandire.

Visto di profilo il margine superiore del tartufo deve trovarsi sulla linea della canna nasale e formare con la faccia anteriore dello stesso tartufo un angolo retto. La faccia anteriore dello stesso tartufo, a sua volta, è posta sulla verticale della faccia anteriore del muso.
Il tartufo non deve quindi essere rialzato sul profilo della canna nasale o avere la faccia anteriore inclinata all’indietro (negli ipertipi i due difetti si sommano, spesso accompagnandosi a miniaturizzazione ed arrotondamento dello specchio nasale), e nemmeno deve essere abbassato o sporgente in avanti (come di frequente nel tipo inglese ad assi cranio-facciali divergenti).
Il margine formato dalle facce superiori del tartufo con la sua faccia anteriore è piuttosto netto. Se smussato non è gradito.

Canna nasale

La canna nasale molto larga, piatta ed attraversata sagittalmente da una scanalatura non profonda ma ben evidenziata che sbocca senza soluzione di continuità nel solco frontale, ha un profilo rettilineo, salvo una interruzione netta in prossimità del tartufo a 2/3 della lunghezza del muso. Detta interruzione molto marcata anche nelle femmine, è formata da una doppia piega del tegumento suddivisa da una o più rughe incavate e parallele che incidono trasversalmente la canna nasale e si perdono discendendo a perpendicolo nelle facce laterali del muso. La mancanza di queste peculiarità declassa l’animale.
Data la forma cuboide del muso (che implica parallelismo delle sue facce laterali), la canna nasale mantiene rigorosamente la stessa larghezza dalla base alla estremità. La canna nasale restringentesi verso la punta (espressione di muso conico) comporta il declassamento.
I margini laterali della canna nasale sono abbastanza netti. Talvolta la canna nasale ha un profilo leggermente concavo e questa imperfezione (che se accentuata ed associata a muso molto corto esprime ipertipismo) viene tollerata quando contenuta in modesti limiti. In ogni caso una canna nasale concava toglie nobiltà al soggetto e va perciò penalizzata. Da bandire la canna nasale a profilo nettamente montonino (naso da pecora o naso romano) che si unisce spesso a tartufo sporgente in avanti e a parallelismo o divergenza degli assi (tipo inglese).
Sovente la canna nasale, pur non essendo convessilinea, presenta a metà lunghezza una gibbosità più o meno accentuata che non è mai gradita.
La canna nasale stretta, a tetto o priva del solco longitudinale costituisce difetto gravissimo.

 

Labbra e muso

Le labbra superiori, viste di fronte, presentano, in prossimità del tartufo, la sviluppatissima placca triangolare e la ben marcata scanalatura naso-labiale.
Molto abbondanti e spesse, alla loro congiunzione (che deve essere quanto più possibile lontana dal tartufo) presentano con il loro margine libero un semicerchioche si avvicina alla forma di una U rovesciata (manico di secchio). Questa particolare forma contribuisce a determinare in basso la tanto ricercata quadratura della faccia anteriore del muso.
Quando le mascelle non sono sufficientemente larghe (con canini di conseguenza non ben distanziati) ed il mento è sfuggente o stretto, la superficie anteriore del muso si presenta poco piatta e tende ad incurvarsi o a sfuggire sulle facce laterali. In questo caso, se le labbra superiori sono ben sviluppate, non disponendo di congrua superficie di appoggio, alla loro divaricazione formano una V anziché una U rovesciata (che se stretta va penalizzata). La congiunzione a V rovesciata può anche aver luogo quando il punto di disgiunzione delle labbra superiori inizia troppo in alto (cioè troppo vicino al tartufo) e questa somma di difetti snatura la fisionomia del cane.

Viste di profilo le ricche labbra superiori presentano, dopo un lungo tratto verticale che segue il bordo anteriore del tartufo, un margine antero-inferiore-la-terale avente la forma di un perfetto semicerchio (voluta labiale) il cui raggio di curvatura deve essere più o meno lo stesso dell’arco costituito dal profilo fronta le del cranio (e se ciò non avviene si crea un’evidente disarmonia fra linea superiore ed inferiore della testa).
Va sottolineato che, a canna nasale orizzontale, la perpendicolare abbassata dal margine supero-anteriore del tartuTo deve sempre toccare la faccia anteriore e dello stesso tartufo e delle labbra superiori fino al punto in cui esse evolvono nell’accennato semicerchio.
La lunghezza del segmento che così si determina corrisponde a 8/10 della lunghezza del muso

Come visto, la linea superiore del muso deve formare con la faccia anteriore del muso stesso un angolo retto, corretto anche l’angolo ottuso fino a 100°. Un angolo più ampio è proprio degli ipertipi e può essere tollerato se l’arretramento del tartufo non è tale da determinare una testa “imboxerata” e ciò avviene in genere con un angolo di oltre 115°, difetto gravissimo sempre l’angolo acuto, i soggetti con angolo al di sotto di 85° non devono essere ammessi.
Da bandire le labbra poco sviluppate, tirate e sfuggenti (che si accompagnano quasi sempre a muso conico). Da penalizzare le labbra ad arco non pienissimo, anche se profonde, le labbra eccessivamente pendule, spugnose e flaccide.
Alla fine del secolo scorso comparvero nelle valli svizzere e specialmente all’Ospizio del Gran San Bernardo cani con cranio fortemente arcuato e labbra poco sviluppate in altezza che vennero impropriamente denominati “cani con testa di Ospizio” Soggetti con tali deprecabili caratteristiche si vedono talvolta anche oggi.
Le labbra inferiori, moderatamente pendenti, formano con le superiori una commessura ben marcata (e tale da mostrare all’occhiello la mucosa labiale), ma mai esagerata.
In genere, quando la labbratura superiore è, come richiesto, molto abbondante e le labbra inferiori non sono troppo pendenti, la commessura si presenta priva di eccessi. In certi casi labbra inferiori troppo pendenti si accompagnano a labbra superiori insufficienti, cosicché si scopre troppo la mucosa all’occhiello e si formano sul muso delle sacche che rendono bavosa la bocca. Tale difetto è gravissimo.
I margini labiali devono essere pigmentati di nero.
La commessura, di profilo e a canna nasale orizzontale, è posta appena un poco più avanti (oralmente) della verticale abbassata dalla caruncola lacrimale (angolo interno dell’occhio) e rappresenta sempre il punto più basso del margine inferiore del muso. Ciò significa che l’apertura buccale è ampia e che il margine antero-inferiore delle labbra superiori non deve mai scendere (a canna nasale orizzontale) oltre il livello della commessura labiale.
Alquanto dietro la commessura labiale il muscolo zigomatico determina una piega della pelle che, salendo verso l’alto, disegna una doppia curva a forma di S e finisce alquanto dietro l’angolo esterno dell’occhio. Detta piega non deve essere troppo marcata.
La regione sottorbitale non è cesellata per il notevole spessore della pelle, del tessuto sottocutaneo e muscolare e per l’ampiezza dell’osso zigomatico e mascellare superiore. La cesellatura di questa regione, che spesso si accompagna ad eccessiva asciuttezza del capo, conferisce un aspetto gracile e scarnito alla testa ed è perciò da penalizzare.

Il muso deve essere corto ma non troppo (3,6/10 della lunghezza totale della testa), estremamente massiccio, pieno e largo (diametro trasversale all’altezza del 1° molare vero pari a 6,2/10 della larghezza bizigomatica). La sua piattaforma anteriore, formata dalla faccia anteriore del tartufo, da parte delle labbra superiori e del mento, è eccezionalmente estesa sia in altezza che in larghezza, piatta e rigorosamente squadrata.

Anteriormente la già accennata distanza fra il margine superoanteriore del tartufo ed il punto di congiunzione delle labbra superiori corrisponde a 7/10 della lunghezza della canna nasale.
Data la particolare forma della mascella (cui consegue l’andamento divergente dei canini superiori) e la larghezza della mandibola, le labbra superiori con le loro facce laterali non cadono perpendicolarmente ma sporgono leggermente in fuori, cosicché la piattaforma anteriore del muso tende a formare (vista di fronte) un trapezio isoscele col lato maggiore in basso.
Il muso, a facce laterali perpendicolari, che si associa spesso a disgiunzione stretta (a V stretta) delle labbra superiori e a labbratura svolazzante, conferisce alla testa un aspetto tagliente e poco marcato.
11 substrato scheletrico del muso è straordinariamente sviluppato nelle tre dimensioni e la relativa parte muscolare è molto consistente. Il muso alla sua radice è (anche nelle femmine) di almeno 1/3 più alto della sua lunghezza.
Cani con muso leggero e a facce laterali convergenti vanno declassati. Cani a muso troppo lungo o troppo corto, rispetto al rapporto accennato, vanno penalizzati.

La mascella e la mandibola, spesse e robustissime, sono di uguale lunghezza. La mandibola, estremamente potente, molto larga (la larghezza bicondilare e bigoniaca corrispondono rispettivamente a 7,7/10 e 5,2/10 della larghezza bizigomatica), di profilo è ricurva, se si avvicina alla linea retta è da bandire.
L’angolo della mandibola ha un’ampiezza di circa 145°. Il corpo della mandibola, dotato di sinfisi mentoniera pronunciatissima, molto massiccio e rigonfio, è fortemente arcuato in avanti, tale cioè da formare un mento ben evidenziato pur senza determinare prognatismo.
La sua faccia anteriore, vista di profilo, forma col suo margine inferiore un angolo di circa 120°. Questo angolo non deve essere troppo aperto, contribuendo alla peculiare forma del corpo mandibolare che è elemento determinante per la quadratura del muso.
Il mento sfuggente che non viene toccato dalle labbra superiori al loro punto di disgiunzione, costituisce difetto.

Dentatura

La dentatura tipica è a tenaglia, potente, cioè rapportata alla mole del cane, completa, con canini molto distanziati per il notevole sviluppo trasversale dei mascellari (nei maschi i canini, misurati all’apice della corona, dovrebbero distare fra loro circa 7 cm, tanto cioè quanto è largo il tartufo). Gli incisivi sono quanto più possibile disposti in linea retta.
Si ha la chiusura a tenaglia (dentatura a tenaglia) quando il fior di giglio degli incisivi superiori si sovrappone al fior di giglio degli incisivi inferiori. Secondo alcuni autori la dentatura a forbice (con impianto sia in antiversione che in retroversione) è preferibile alla tenaglia per la minore usura operata sugli incisivi.
Noi non siamo di questo avviso perché la dentatura a forbice in un soggetto ortognatico quale il San Bernardo implica una inclinazione più o meno accentuata degli incisivi. Le dentature a forbice in anti o retroversione hanno uguale valore.
Si ha la chiusura a forbice con antiversione degli incisivi superiori (dentatura a forbice propriamente detta) quando gli incisivi superiori con la loro faccia interna (o linguale) toccano la faccia esterna (o vestibolare) degli incisivi inferiori. Tale tipo di dentatura consegue per lo più a una inclinazione vestibolare degli incisivi superiori, raramente a una inclinazione linguale degli inferiori. La mancanza di contatto fra le arcate indica che tali caratteristiche si sono assommate o accentuate (difetto non grave), se invece esiste una retrazione dell’arcata inferiore per accorciamento della mandibola, cioè enognatismo, il difetto è gravissimo.
Si ha la chiusura a forbice con antiversione degli incisivi inferiori (dentatura a forbice invertita – da non confondersi col prognatismo – ) quando vi è una inversione dei rapporti vestibolo-linguali fra gli incisivi delle due arcate e cioè gli incisivi superiori con la loro faccia esterna (o vestibolare) toccano la faccia interna (o linguale) degli incisivi inferiori. Tale tipo di dentatura consegue per lo più a una inclinazione vestibolare degli incisivi inferiori, raramente a una inclinazione linguale dei superiori. La mancanza di contatto indica che tali caratteristiche si sono assommate o accentuate (difetto lieve) ovvero che esiste una protrusione dell’arcata inferiore per accorciamento della mascella (cioè prognatismo mandibolare o inferiore), difetto la cui entità è rapportata alla distanza fra i due settori dentali, tale tipo di prognatismo non è grave se alcuni incisivi superiori toccano gli inferiori, almeno a livello dei «cingulum».
Alcune volte, causa l’impianto in curva degli incisivi, solo i contorni inferiori hanno contatto coi superiori e questo è un difetto ancora tollerabile.
Si ha la dentatura alternata quando, per la anormale direzione dell’asse longitudinale di alcuni incisivi o per una loro dislocazione, si manifesta una inversione vestibolo-linguale di tali denti con i loro antagonisti. È difetto non grave, commisurato comunque al numero di denti interessati e, se esiste, all’entità della traslocazione.
Tralasciamo il prognatismo di entrambi i mascellari, le modificazioni dimensionali, le deviazioni sagittali trasversali e verticali delle arcate (biprotrusioni, asimmetrie, beanze, ecc.) o le torsioni o posposizioni dei singoli denti, gli affollamenti, le oligodontie, ipodontie, iperodontie, il macro e minodontismo, ecc., tutte anomalie che vanno valutate caso per caso e non possono per mancanza di spazio essere trattate nel presente lavoro. Diremo soltanto che l’assenza del P1 su una o ambedue le arcate non costituisce difetto grave, essendo il San Bernardo un brachicefalo. Viceversa la mancanza di premolari maggiori – sempre espressione di inconsueto ac-corciamento del muso – comporta severissime penalizzazioni (fino alla totale perdita di punti in caso di gravi anomalie).
Diversi cani presentano un certo prognatismo inferiore che, come visto, è sempre da penalizzare. Tuttavia tale difetto, quando determini tra gli archi incisivi uno spazio inferiore a due millimetri e non modifichi esteriormente la forma del muso, non può vietare ad esemplari di classe l’accesso al campionato. Numerosi sono gli esempi al riguardo. Bisogna comunque distinguere il prognatismo inferiore in cani a muso molto corto (maggioranza dei casi) dal prognatismo inferiore in cani a muso di normale lunghezza.
Nei cani a muso molto corto (cioè notevolmente al di sotto di 3,6/10 della lunghezza totale della testa) il difetto coinvolge anche la mascella superiore rimasta più corta della mandibola nel corso dello sviluppo (praticamente quindi si assommano quattro difetti: muso troppo corto, mascella superiore corta, prognatismo, protrusione dell’arcata inferiore).
Nei cani a muso normale (cioè senza raccorciamento del mascellare superiore) il prognatismo può essere dato o dalla esagerata proiezione in avanti della mandibola, per eccessivo sviluppo osseo della stessa, o da un rapporto anomalo fra condilo e cavità glenoide in alcune alterazioni dell’articolazione temporo-mascellare (praticamente quindi si assommano due difetti: prognatismo e protrusione dell’arcata inferiore).
Può anche accadere che mascella e mandibola abbiano uguale lunghezza, ma che (come visto), per un movimento di rotazione degli incisivi attorno al proprio asse orizzontale, si determini, con l’inversione del rapporto vestibolo-linguale, uno spazio più o meno ampio fra le due arcate.
In questo caso (che taluni definiscono impropriamente di forbice fortemente rovesciata) non sussiste prognatismo e il difetto riguarda soltanto la dentatura.
Spesso il prognatismo inferiore consegue all’accoppiamento di soggetti con musi di diversa lunghezza.

Robustezza delle dentature

Già nel secolo scorso con l’evoluzione del cane da lavoro in soggetto da esposizione si manifestò, contemporaneamente al rafforzamento della testa, una regressione in potenza della dentatura, tanto che lo Standard, pubblicato nel 1887, ne prescrisse «uno sviluppo moderato in rapporto al volume della testa».
Da allora giudici ed allevatori hanno sempre curato il giusto adattamento delle arcate e il corretto allineamento dei denti trascurandone completamente la robustezza. Si vedono oggi San Bernardo di 90 kg che hanno incisivi più piccoli di un fox-terrier.
Per fortuna l’S.K.G. ha di recente corretto l’errore stabilendo nell’ultima edizione dello Standard, pubblicata anche dalla F.C.I., che la dentatura deve essere potente e ben rapportata alla struttura della testa.
Noi riteniamo che in un tipo di molossoide gigante quale il San Bernardo una dentatura debole anche se corretta sia un difetto più grave del prognatismo mandibolare.
Infatti il prognatismo mandibolare non è quasi mai un segno di degenerazione ed i cani prognati non solo hanno dentature nel complesso forti, ma sono di frequente più vigorosi degli altri cani. I cani a dentatura 86 debole sono invece spesso troppo ingentiliti, poco attivi e predisposti alle malattie o con muso troppo corto.
Per tali ragioni in molti molossoidi a muso corto dal Dogue di Bordeaux al Mastiff inglese un certo prognatismo inferiore non fa difetto. Senza contare che il prognatismo inferiore concorre alla quadratura del muso. Va anche aggiunto che la predisposizione al prognatismo inferiore è la regola nei cani ad assi cranio-facciali convergenti (Dogue di Bordeaux, Boxer, Bullmastiff ecc.). Ne consegue che il desiderato ortognatismo nel San Bernardo rappresenta quasi una eccezione in un cane convergente. In genere i cani ortognati (mandibola e mascella di uguale lunghezza) dovrebbero: se divergenti avere la dentatura forte, se paralleli la dentatura a tenaglia, se brachignati e convergenti la cosiddetta dentatura «prognata».
Queste osservazioni non implicano, sia chiaro, una sottovalutazione del prognatismo inferiore quale difetto, significano soltanto che nel San Bernardo vi sono difetti molto più gravi trascurati dai giudici, dall’atrofia, spesso ereditaria della dentatura, all’enognatismo che sovente vi è associato quale segno di degenerazione.
L’enognatismo, dovuto a deficiente sviluppo della mandibola (e non a un allungamento della mascella come comunemente si crede) è incompatibile con la sopravvivenza (se grave) cosicché i cani affetti da questa tremenda malformazione vanno banditi dalla riproduzione.
Nel controllo delle dentature il giudice non deve limitarsi ad esaminare gli incisivi, ma tutti i denti. Infatti una dentatura può apparire debole soltanto perché gli incisivi sono erosi trasversalmente (come di frequente nelle dentature a tenaglia).


Cranio
Il cranio, che ha una lunghezza e una larghezza bizigomatica pari a 6,4/10 della lunghezza totale della testa (è cioè molto lungo: 25,6% dell’altezza al garrese), visto di fronte si presenta leggermente convesso con fronte alta e bozze frontali marcatissime suddivise sagittalmente dal solco mediano. Detto solco, che segue aboralmente la scanalatura della canna nasale e ha per base la sutura metopica, giace nel fondo di un ampio avvallamento (fossa frontale) che, iniziando poco al di sotto del punto Nasion, si perde alla sommità del cranio.
Bozze frontali estremamente sviluppate nelle tre dimensioni, fossa frontale profonda, solco mediano incassato, arcate orbitali molto marcate e zigomi fortemente protesi all’esterno, sono caratteristiche etniche fondamentali: ogni deviazionismo comporta declassamento.
Il cranio, visto di profilo, forma un arco ad andamento irregolare: più accentuato nella sottoregione frontale (dove la teca ossea è molto convessa su tutta l’area dei seni). Più pianeggiante nella sottoregione craniana, lungo la cresta sagittale (che è molto pronunziata); la cresta occipitale è solo moderatamente sviluppata.
Nel cane i seni frontali sono divisi in sezione trasversale per ogni lato in 3 porzioni: laterale (la più vasta) mediale (di sviluppo medio), rostrale (la più piccola). Nel San Bernardo le tre porzioni devono essere estremamente sviluppate nelle tre dimensioni e particolarmene la laterale che ha comunicazione con la cavità nasale. Seni frontali stretti comportano occhi ravvicinati e sono da combattere.

Nella sottoregione frontale le due ossa omonime si elevano bruscamente dai processi delle ossa nasali e dei mascellari superiori dando luogo alla depressione nasofrontale (stop) il cui angolo, nella zona mediana della fronte (solco mediano), è di circa 120° (angolo cranio-facciale) e a livello delle bozze frontali è di 90/95° (angolo seni-nasale). Inoltre, nel San Bernardo l’angolo axio-facio-laterale (che si ottiene dall’incrocio di due rette, una che tocca il punto più esterno dell’arcata zigomatica [non della guancia], e la faccia esterna del muso a livello del canino, l’altra che è data dall’asse mediano della testa), per il grande sviluppo delle arcate zigomatiche, è di circa 25°/30°.
Diversi soggetti hanno il punto più alto del cranio nel frontale, oralmente a circa cm 2 dal punto craniometrico Bregma (cioè a circa cm 2 dal punto di congiunzione delle due creste frontali nella cresta sagittale), altri invece hanno il punto più elevato nella sommità dell’apofisi occipitale.
Nel primo caso la convergenza degli assi non viene infirmata perché il prolungamento all’indietro dell’asse facciale esce sempre molto al di sotto dell’apofisi occipitale. Nel secondo caso, che noi preferiamo, vi è sempre una più netta convergenza e la cresta occipitale non è molto pronunziata. Tuttavia, entro certi limiti, un suo aumento volumetrico non costituisce difetto grave se non è associato, come di frequente, a uno sviluppo esagerato della cresta sagittale e a una riduzione diametrale della scatola cranica. Tali caratteristiche sono rilevabili soprattutto quando per l’età (troppo giovanile o avanzata) o per malattie, i muscoli cranici non hanno spessore e tonicità normali (cranio a tetto). Sovente una prominenza eccessiva dell’apofisi occipitale e della cresta sagittale si lega anche a piattismo del cranio.

Nel cranio piatto, spesso la pelle della fronte forma un eccesso di rughe perché il tegumento non ben steso su una teca ossea arcuata si affloscia (testa di Bloodhound). Caratterizzati in genere da parallelismo o divergenza degli assi cranio-facciali, i San Bernardo a cranio piatto sono tipici dell’allevamento inglese e derivano da incroci effettuati nel XIX secolo fra i primi esemplari di importazione svizzera ed i Mastiff (nell’intento di potenziare taglia e peso). Detti cani non possono ottenere nell’Europa continentale ed in USA alcun piazzamento. All’opposto abbiamo il cranio globoso o a mela che è proprio degli ipertipi e va fortemente penalizzato.

Visto dall’alto il capo si presenta quadrato per la protrusione delle arcate zigomatiche e l’insieme delle potenti masse muscolari.
In particolare il muscolo temporale deve essere ben sviluppato, però mai ipertrofico. Infatti il capo del San Bernardo, dato anche il grandissimo sviluppo osseo, appare angoloso con salienze ossee ben evidenziate, lievemente depresso alla regione delle conche (fontanelle) e moderatamente arcuato nell’area parieto-mastoido-temporale.
Viceversa, se lo sviluppo osseo della scatola cranica e delle arcate zigomatiche è normale ma il temporale è ipertrofico, si attenua o scompare la prescritta lieve depressione alle fontanelle, si arrotondano gli archi sopraccigliari, il capo diviene pieno ai parietali, liscio (privo di rilievi) e di aspetto grossolano.
Quando poi l’ipertrofia del temporale è tale spessorialmente da avere inibito lo sviluppo cranico, allora il capo si presenta ugualmente rigonfio ai lati, ma piatto superiormente con bozze frontali ed archi sopraccigliari appiattiti. Quest’ultimo difetto, che fa perdere alla testa la sua caratteristica plasticità e nobiltà, è gravissimo.
Se viceversa i muscoli del capo e particolarmente il temporale sono ipotrofici, allora le salienze ossee risultano troppo evidenziate e le conche eccessivamente infossate (teste ossute, macilente, scarnificate e vecchieggianti). Tale difetto è ancora più grave dei due succitati.
Va precisato che nel San Bernardo gli sviluppatissimi muscoli masticatori hanno però dei limiti nella loro espansione in avanti. Particolarmente il temporale che nel cane ha la forma di un largo ventaglio con la base rivolta in alto, quando è troppo espanso in senso oraletende a eomprimere le bozze frontali. Nel San Bernardo come nel Terranova questo muscolo ha un arresto Iongitudinale che lascia libero il grande sviluppo dei seni.
L’arcata orbitale è fortemente marcata e scolpita (caratteristica etnica). L’areata zigomatica è molto sviluppata ma la guancia ai masseteri tende ad appiattirsi talché la zona masseterina è piena ma non troppo rigonfia.
I masseteri eccessivamente rigonfi tolgono nobiltà alla testa e sono perciò da penalizzare (masseteri da bulldog). Il muscolo massetere, che ha il suo attacco nella fossa omonima della mandibola, nel San Bernardo è, come il temporale, frenato nella sua espansione in avanti.
Per quanto riguarda gli pterigoidei interno ed esterno il loro sviluppo è ottimo ma senza eccessi.

 

Gli occhi, di grandezza media, moderatamente profondi (in conseguenza del grande sviluppo dei seni fronta1i), sono posti in posizione sub-frontale.
La posizione frontale (che si determina quando l’asse palpebrale forma con l’asse mediano della testa un angolo retto) è tollerata, anche se è propria di crani grossolani, superbrachignati, ipertipici e si associa quasi sempre a rima palpebrale tonda ed esoftalmo (occhio di bue).
La posizione semilaterale è sempre un difetto gravissimo anche nelle femmine e si accomuna normalmente ad occhio ovaleggiante (a mandorla).
Le posizioni laterale ed ultralaterale comportano il completo declassamento. I globi oculari infossati (enoftalmici) o piccoli (microoftalmici) o sporgenti (esoftalmici) vanno severamente penalizzati perché alterano la fisionomia del soggetto.
L’iride deve essere bruno-scura, particolarmente oggi che si ha la tendenza ad ottenere cani di colore fulvo più carico e con maschera molto abbrunita (in genere l’iride deve presentare lo stesso colore delle parti più scure del mantello – esclusa la maschera).
L’iride chiara porta a una perdita rilevante di punti.
Nel San Bernardo si definisce chiaro l’occhio quando ha il colore della birra bionda.
Il colore bruno-nocciola dell’iride è tollerato.
L’occhio gazzuolo comporta la squalifica.

Molto importante è lo sguardo che deve essere intelligente, amichevole e sognante. Taluni maschi e molte femmine hanno uno sguardo particolarmente dolce che è gradito solo quando non sia disgiunto dalla tipica espressione di maestosa nobiltà e potenza (cui concorre anche l’insieme della testa).
Un occhio con le giuste caratteristiche di forma e colore, ma non benevolente, va penalizzato.
Nei buoni maschi gli occhi sono molto distanziati (fino a cm 9). Gli occhi ravvicinati modificano negativamente l’espressione del cane e spesso si accomunano a cranio piatto e a seni frontali poco sviluppati trasversalmente.
L’apertura oculare è a disegno romboidale e forma oltre ai due angoli normali dell’occhio (nasale o interno e temporale o esterno), la piega angolare superiore e la piega angolare inferiore, poste rispettivamente in alto, alquanto verso l’angolo nasale e in basso, leggermente verso l’angolo temporale.
Anche l’occhio delle femmine deve possedere queste caratteristiche. Un cane con occhio ovale o tondo va bandito dalla riproduzione. Un occhio scarsamente angoloso va duramente penalizzato. La piega angolare inferiore, che prende la forma di un triangolo nettamente tagliato e a base molto stretta, deve essere posta quanto più possibile al centro della rima palpebrale e mostrare, oltre la sclerotica, appena un poco di congiuntiva. Tale triangolo, quando gli orli palpebrali sono rigorosamente neri e la nictitante è poco o punto pigmentata, costituisce un importante coefficiente di nobiltà.
L’eccessiva lateralità della piega angolare inferiore è un difetto molto comune che qualche volta si associa a una scollatura eccessiva delle palpebre ed a conseguente arrossamento o ipertrofia della congiuntiva.


Talora nei cani linfatici che hanno pelle abbondante e lassa, il tegumento si addensa sulla fronte e sulle arcate sopraccigliari e grava sulle palpebre superiori spingendole in basso a coprire parte dell’occhio. È un difetto che guasta completamente la fisionomia del cane. La nictitante totalmente pigmentata non è gradita, in particolare se associata a ptosi palpebrale o a piega angolare inferiore troppo allargata. Infatti la congiumtiva che appare abbondantemente al di sotto della nictitante completamente nera conferisce al cane una brutta espressione (che peggiora ulteriormente quando la pigmentazione interessa un solo occhio).
Se viceversa l’occhio è giustamente serrato, e la congiuntiva è soltanto in minima parte visibile, la nictitante nera non costituisce difetto.
È problema complesso che richiederebbe un’ampia trattazione anche in rapporto alla indubbia vulnerabilità dell’occhio nel San Bernardo.
L’occhio a capo eretto deve mostrare, come si è visto, poca congiuntiva. Se le palpebre inferiori sono scollate cadenti o a semiluna, l’animale perde in nobiltà e giusta espressione.
I margini palpebrali devono essere rigorosamente pigmentati di nero, la loro depigmentazione anche parziale è un segno di degenerazione.

Gli orecchi, quanto gli occhi, contribuiscono a tipicizzare la testa e a conferirle il suo aspetto angoloso e nobile. Di grandezza media rispetto al volume del capo, pendenti, di forma triangolare, con padiglione assai ampio, attaccati piuttosto in alto (inserendosi al di sopra delI’arcata zigomatica), alquanto distanziati tra loro, mobilissimi, hanno base larga e muscoli auricolari potenti.
Nel loro punto di attacco sporgono alquanto all’esterno facendo apparire ancora più larga e marcata la porzione superiore del cranio.
Quando il cane è in attenzione, il margine superiore laterale del capo viene formato dall’orecchio alquanto rilevato alla inserzione cosicché l’attacco dell’orecchio forma col cranio, visto dal davanti, una linea dritta.
Di profilo detta inserzione ha oralmente il suo limite a 3/4 della lunghezza del cranio, partendo dall’occipite. Aboralmente può arrivare a toccare l’attacco della testa al collo.
Il margine anteriore dell’orecchio aderisce alla guancia e a testa orizzontale, di profilo, disegna, dall’alto al basso, una doppia curva a forma di S rovesciata.
Il margine posteriore si protende alquanto in fuori e forma con il margine inferiore un angolo ben netto che appare a livello degli occhi quando il cane è in attenzione. Gli orecchi portati all’indietro (cioè a meno di 3/4 della lunghezza del cranio, partendo dall’occipite) – cani timidi – privano la testa di incisività e sono da penalizzare, cosÌ come gli orecchi attaccati troppo in alto o troppo in basso.
Se la base dell’orecchio è stretta e i muscoli auricolari sono rilassati, i padiglioni si afflosciano, se la base è troppo larga si dispongono a farfalla. In ambedue i casi la linea superiore della testa viene alterata.
Questi difetti comportano severe penalizzazioni.
L’apice non deve scendere oltre la gola.
L’orecchio di giusta dimensione, quando viene steso, copre metà lunghezza della canna nasale.
Le rughe frontali, citate dallo standard, a nostro avviso devono essere, a capo eretto, quasi invisibili ed evidenziarsi solo leggermente quando il cane è attento e quindi l’orecchio è rialzato.
Le rughe accentuate privano l’animale di nobiltà e gli conferiscono una espressione truce.
Il giudice tedesco Boppel, in un congresso di giudici specialisti tenuto nel gennaio del 1905, presentò quattro schizzi di teste di San Bernardo viste di profilo. La n° 1 da lui definita ideale, rappresenta il famoso cane Kean di proprietà dello svizzero dr. Künzli, le n° 2, 3 e 4 si allontanano gradualmente da questo tipo ideale allo scopo di stabilire una scala di valori utile ai giudici.
Secondo noi detti schizzi sono oggi superati e perciò ne presentiamo altri coi relativi commenti (vedi disegni).

La cosa più difficile nell’allevamento del San Bernardo è la conservazione della forma tipica della testa. La testa ideale si trova nel giusto mezzo fra l’ipotipo e l’ipertipo.
Nel San Bernardo ciò che noi chiamiamo tipicità è opera dell’uomo. Ne consegue che se nella selezione di questa razza non curiamo costantemente il tipo in breve tempo la natura riprende il sopravvento e ci riporta all’archetipo. Nel lontano progenitore del San Bernardo le labbra erano certamente meno profonde, le aperture oculari più rotondeggianti, la fronte piatta e il muso conico. Tali caratteri, che anche oggi compaiono talvolta negli allevamenti, sono propri dell’ipotipo.
In opposizione all’ipotipo troviamo l’ipertipo nel quale la tipicità è spinta all’estremo e volta in caricatura; la testa cioè presenta assi cranio-facciali esageratamente convergenti, fronte altissima, cranio globoso con angolo seni-nasale tendente all’acuto, muso cortissimo, dentatura spesso incompleta e atrofica.

Il collo, che è attaccato alto, deve fondersi armonicamente col garrese, col petto e con le spalle. Estremamente potente, con distacco dalla nuca marcatissimo e a profilo superiore convesso, causa la ricca criniera (specie nella varietà a pelo lungo) appare piuttosto corto, ma in realtà la sua lunghezza sfiora i 4/10 dell’altezza al garrese. Il suo perimetro corrisponde ai 9/10 di tale altezza. Si tenga presente che la lunghezza del collo va misurata a testa orizzontale o, meglio, lievemente abbassata verso terra. «La misurazione si effettua sul margine superiore del collo dalla nuca all’angolo craniale del garrese» (Solaro).
Il collo piuttosto lungo del San Bernardo ha la sua base teorica nel fatto che questo cane è prevalentemente un galoppatore ed un mesomorfo ad arti lunghi, con valori alti dell’indice corporale (80) e valori relativamente bassi dell’indice toracico (70).
Le spalle giustamente inclinate ed il garrese alto fanno apparire il collo più lungo e armonioso, viceversa il garrese basso e l’angolo scapolo-omerale troppo chiuso lo fanno apparire corto.
La giogaia, che va esaminata quando il cane è in attenzione, cioè a collo eretto, è abbastanza sviluppata, ma non esagerata o indivisa e flaccida. L’eccesso di giogaia, che si accompagna spesso a lassità di pelle e ad altri segni di linfatismo, è da penalizzare.
Da bandire il collo gracile e privo dello stacco con la nuca e il collo carnoso che sovraccarica il treno anteriore. Da penalizzare severamente il collo non ben fuso con garrese, petto e spalle, con scarsa convessità del suo profilo superiore, troppo lungo o troppo corto. I muscoli del collo (trapezio, romboide, sopraspinoso, brachi cefalico, mastoideo, sterno-cefalico, omerale, ecc.) sono molto potenti ma alquanto lunghi.
Un collo corretto è fondamentale per la funzione che questa regione svolge nella meccanica animale. Infatti il bilanciere cefalo-cervicale (il collo con la testa), sposta in avanti il baricentro.

La lunghezza del tronco, dalla punta della spalla alla punta della natica (tuberosità ischiatica), supera del 12/15% l’altezza al garrese.

Petto


Molto largo ed aperto, con muscoli pettorali estremamente sviluppati. La sua larghezza, in proporzione diretta alla larghezza del torace, raggiunge nei buoni maschi il 30% dell’altezza al garrese.
Da penalizzare il petto stretto e poco muscoloso.

Gabbia toracica


La funzione del San Bernardo come cane da lavoro esige la massima ampiezza dell’area polmonare e dell’apparato cardio-vascolare, quindi una gabbia toracica estremamente sviluppata nelle 3 dimensioni (altezza profondità, larghezza) e nel suo perimetro.

Altezza
Generalmente determinata dalla sommità del garrese al margine inferiore dello sterno (diametro sterno-vertebrale) corrisponde a meno di metà dell’altezza al garrese (in genere dal 50% al 45% di tale altezza). Il torace deve scendere al gomito senza oltrepassarlo ed il profilo sternale è lungo e tendenzialmente orizzontale.
Un difetto abbastanza comune e da penalizzare è il garrese basso che riduce alquanto la distanza tra gomito e garrese e (abbassando il margine sternale oltre il livello dei gomiti) fa apparire troppo alto un torace di giuste dimensioni. Talvolta nelle femmine e nei cani anziani, particolarmente corpulenti o con cingolo scapolare rilassato, una gabbia toracica perfetta può apparire troppo discesa.
Un torace povero in altezza compromette la funzionalità dell’animale e perciò costituisce difetto gravissimo. Profondità Misurata dalla punta del manubrio dello sterno alla parte mediana della penultima falsa costa (diametro sagittale), nel San Bernardo è notevole (per la grande obliquità degli archi costali e per la conseguente larghezza degli spazi intercostali) essendo pari al 55% dell’altezza al garrese. Detta sensibile profondità consente una maggior lunghezza del tronco rispetto all’altezza, pur nel mantenimento di un rene solido e corto.

Larghezza
La larghezza, che nel San Bernardo raggiunge valori alti (corrisponde infatti al 35% dell’altezza al garrese), è determinata dal diametro trasversale sulla parte più convessa del costato, il che è sempre preferibile. In molti soggetti tale diametro è massimo a metà altezza, in altri, specie di allevamento tedesco, è massimo nella parte bassa del torace.
Le coste sono lunghe, ben cerchiate ma senza eccessi. Da bandire il torace piatto. Da penalizzare il torace a botte che ostacola il movimento e toglie nobiltà alla figura, il torace stretto o carenato. La carenatura causata dalla brusca riduzione del diametro trasverso nella parte inferiore del costato, determina un vuoto fra torace e gomito cosicché quest’ultimo diventa scollato e talvolta oscillante.
È un difetto piuttosto comune nel San Bernardo, specie nei soggetti giovani di grande taglia tendenzialmente longilinei.
Quando il diametro trasverso è sotto il 35% dell’altezza al garrese gli avambracci sono troppo ravvicinati (cane stretto davanti), quando è sopra, gli avambracci sono troppo distanziati (cane largo davanti). Il primo difetto è più grave del secondo e va perciò più severamente penalizzato.

Perimetro toracico
È di almeno il 30% superiore all’altezza al garrese. L’indice corporale, come si è visto, è di 80.

Garrese


Il garrese, che ha per base anatomica le prime cinque vertebre dorsali e la sommità delle scapole, è lungo, relativamente largo, molto prominente, asciutto, netto, armonicamente fuso col dorso ed è il rilievo più alto della linea superiore del tronco. I1 garrese prominente e lungo indica soprattutto notevole lunghezza dei processi spinosi che, assieme alla sommità delle scapole, ne costituiscono la base scheletrica. Poiché l’altezza dei processi spinosi cresce fino alla 5a vertebra dorsale, la statura dell’animale si determina da questa vertebra a terra.
I processi spinosi, che sono delle leve di tensione della colonna vertebrale e dei muscoli elevatori della spalla (trapezio e romboide), quanto più sono alti tanto più favoriscono l’irrigidimento e la solidità del dorso e dei lombi, l’ampiezza di contrazione dei muscoli elevatori della spalla e, indirettamente, gli sforzi impulsivi del posteriore.
Un garrese alto e prolungato all’indietro contribuisce perciò a rendere dritta la linea dorsale, ben inclinata la spalla, ampio e potente il passo.
Difetto comune nel San Bernardo, come già accennato, è il garrese basso e corto che fa apparire lunga la linea dorsale e, in concomitanza ad angolo scapolo omerale troppo chiuso o ad eccesso di inclinazione del braccio, sposta il centro di gravità sull’anteriore.
I cani con questa serie di difetti sono gettati sul davanti e di conseguenza tendono a sollevare poco gli arti anteriori, hanno andatura impacciata e poco energica per riduzione in lunghezza dei muscoli elevatori delle spalle e affievolimento degli impulsi del posteriore. Da penalizzare il garrese alto e corto che determina una demarcazione troppo netta con la linea dorsale e impedisce l’armonica fusione garrese-dorso. Più raro nella razza il garrese tagliente (punte delle scapole troppo alte e ravvicinate). Comune il garrese basso e grasso o, peggio, incavato, gravi difetti in una razza da lavoro.

Dorso

Il dorso ha funzione di sostegno ed il compito di trasmettere all’anteriore l’impulso del posteriore.
Nel San Bernardo è piuttosto lungo, largo, muscoloso, solido, rigorosamente retto ed in leggerissima discesa dall’avanti all’indietro.
È ben noto che esistono nelle razze canine tre profili del dorso: il convesso (Greyhound), il retto (Pointer), il concavo (Bracco italiano), il San Bernardo ha il profilo retto.
I più comuni difetti del dorso sono la cifosi e la lordosi. Il dorso convesso o dorso di carpa (cifosi), fisiologico nei giovani cani di San Bernardo da 4 a 14 mesi, è caratterizzato da una convessità longitudinale che partendo in genere dalla I0a vertebra dorsale si raccorda alla curva del lombo.
I cani con dorso di carpa che sono più corti e meno flessibili, subiscono una riduzione del movimento e della capacità di sviluppare andature veloci in quanto la spinta degli arti posteriori trova un intoppo nel segmento dorso-lombare cifotico che ne attenua l’impulso. Va tuttavia sottolineato che se il dorso di carpa ha il difetto di essere eccessivamente rigido e di frenare il movimento ha però il pregio, quale vero e proprio ponte, di essere resistente e solidissimo.
Riterremmo perciò che quando la malformazione è di modesta entità e non si associ a deficienza muscolare del posteriore e a groppa troppo avvallata, vada perdonata, considerato che il San Bernardo non è un cane velocissimo e viene spesso usato per soma. (Va ricordato che all’origine questo cane era utilizzato dai monaci del Gran San Bernardo per trasportare pesi sul dorso).
Il dorso insellato (o lordosi), abbastanza frequente nel San Bernardo, è in correlazione col rilassamento dei legamenti inferiori delle vertebre in cani a garrese corto, dorso e lombi lunghi.
Consiste in una concavità longitudinale che può essere limitata a una porzione della linea dorsale ma che spesso si allunga dal garrese alla groppa. I cani con questa gravissima malformazione sono poco solidi, fiacchi e scarsamente mobili perché (oltre a presentare, come i cani cifotici, condizioni di ostacolo alla trasmissione degli impulsi) l’energia da loro spesa per opporsi all’abbassamento della colonna va a scapito della forza propulsiva del posteriore.
I dorsi insellati vanno perciò sempre duramente penalizzati. Talvolta si osserva in alcuni cani il margine del dorso interrotto in corrispondenza dell’11a vertebra dorsale. Questo difetto, che spesso si accomuna a garrese alto e corto e a insufficiente sviluppo dei muscoli dorsali, non è gravissimo, se ridotto in modesti limiti, tuttavia va penalizzato perché, come accennato, il dorso deve essere perfettamente rettilineo.
Da penalizzare fortemente pure il dorso stretto, tagliente, a tetto o la cosiddetta falsa insellatura (insellatura apparente) legata a una sopraelevazione del treno posteriore. Il dorso del San Bernardo è di grande spessore, perché legato allo sviluppo delle masse muscolari e soprattutto del muscolo lungo dorsale.

Rene o lombo


Il lombo, ponte di congiunzione fra posteriore ed anteriore, nel San Bernardo dev’essere corto (un lombo lungo determina un posteriore oscillante con danno per la trasmissione dell’impulso; il rene lungo è tuttavia tollerabile se il rene è ben attaccato ed ha muscoli ben sviluppati). Il rene deve essere solidissimo, largo (perché le apofisi trasverse delle vertebre sono assai sviluppate in lunghezza e le masse muscolari sono parimenti molto sviluppate), alquanto convesso e armoniosamente fuso col dorso e la groppa. La sua lunghezza è pari alla larghezza e corrisponde al 20% dell’altezza al garrese.
È inaccettabile se tagliente, da penalizzare se è lungo, spiovente (atrofia muscolare), vacillante in andatura, troppo sensibile alla pressione (d’altro canto l’assoluta insensibilità alla pressione v indice di anchilosi vertebrale). Da penalizzare inoltre se piatto, basso e male attaccato (per un lombo male attaccato e avvallato – rene insellato – vale quanto detto a proposito del dorso e cioè che la forza propulsiva del posteriore tende a spezzarsi in questa regione e il soggetto deve consumare gran parte delle energie per opporsi all’abbassamento dell’asse renale).

Ventre e fianchi


Il ventre è pieno e moderatamente retratto. Il suo profilo inferiore, che segue quello pressoché orizzontale dello sterno, si eleva armonicamente verso i fianchi. Il ventre nettamente retratto (ventre di lepre), che si accompagna in genere a dorso convesso (e consegue a rachitismo o a disfunzione dell’apparato digerente), va penalizzato come il ventre avvallato (espressione sempre di linfatismo, obesità, verminosi o errata alimentazione).
I fianchi sono, come i lombi, assai corti. L’incavo del fianco è poco pronunziato. I fianchi lunghi e infossati sono da penalizzare.

Groppa


La groppa
Groppa a tetto (difetto)

La groppa, fulcro di trasmissione all’anteriore degli impulsi dei garretti, ha una grande influenza sull’angolazione degli arti posteriori e perciò va giudicata anche in rapporto ad essi.
Nel San Bernardo è lunga, con tuberosità ischiatica spostata all’indietro, estremamente larga e lievemente rotondeggiante per ottimo sviluppo scheletrico e muscolare (da notare che nel San Bernardo i muscoli della groppa sono voluminosi ma anche lunghi).
La sua lunghezza, misurata dalla punta dell’anca alla punta della natica, corrisponde al 33,2% dell’altezza al garrese. La sua larghezza anteriore è determinata cranialmente fra le due punte delle anche (larghezza bisiliaca), la sua larghezza media è data dalla distanza fra i due trocanteri (larghezza bistrocanterica), la sua larghezza posteriore è data dalla distanza fra le punte delle natiche (larghezza bisischiatica).

La sua inclinazione, secondo l’asse del coxale (retta che unisce la punta dell’anca alla punta della natica), deve formare con l’orizzonte un angolo che va da 15° a 25°. Possiamo perciò definirla pressoché orizzontale. Si tenga presente che la groppa è definita orizzontale quando l’inclinazione del coxale è di 15°/25°, è definita inclinata da 25° a 30°, è definita obliqua o avvallata quando supera i 30°.
Numerosi soggetti presentano la groppa inclinata con angolo da 25° a 30°; poiché, come detto, il San Bernardo è prevalentemente un galoppatore, siamo del pa rere che una groppa inclinata possa essere tollerata ma non gradita. Oltre tale limite (groppa obliqua o avvallata) va però severamente penalizzata perché si accompagna sempre a «posteriore sotto di sé», a muscoli ischio tibiali troppo corti e conseguente deambulazione difettosa.
Altro difetto da penalizzare severamente è la groppa troppo orizzontale (sotto i 15°) che determina un raddrizzamento femoro-tibiale e di conseguenza angoli troppo aperti e garretti dritti. Quando poi la groppa, oltre ad essere eccessivamente orizzontale, è anche corta, si determina una seria limitazione del movimento.
Il bacino è molto ampio, sia nei maschi che nelle femmine. La punta delle anche, a cane piazzato, si trova leggermente più in basso del garrese. Nei giovani cani fino a 18 mesi può tollerarsi un posteriore alquanto più alto. Da penalizzare inoltre le groppe strette, taglienti, scarnite, angolose o spioventi. Quest’ultimo difetto, assai grave, si presenta quando alla più o meno accentuata inclinazione antero-posteriore si aggiunge la forma a tetto, cioè la spina soprasacrale prominente.

Coda


La coda, inserita alta, molto grossa alla radice, lunga e pesante, tenuta pendente in riposo oppure con la sola estremità ricurva indietro, ha una lunghezza pari al 70% dell’altezza al garrese. Quando l’animale è eccitato può essere più o meno sollevata sul dorso, ma mai incurvata ad anello (coda da volpino). I cuccioli portano sempre la coda arricciata.
Da penalizzare la coda a bandiera, corta (sopra il tarso).

Organi sessuali


Testicoli regolarmente sviluppati, mobili nei loro involucri e scesi allo scroto.

Muscolatura


I muscoli

l) Muscolo canino. 2) Muscolo canino 3) Muscolo buccina-tore labiale.4) Muscolo risorio.5) Muscolo massetere.
6) Muscolo grande zigomatico. 7) Muscolo temporale. 8) Muscolo sternodoideo. 9) Muscolo parotido-auricolare.
10) Muscolo digastrico. 11) Muscolo occipitale. 12) Muscolo sterno-cefalico. 13) Muscolo mastoido-omerale.
14) Muscolo bicipite. 15) Muscolo trapezio (dorsale-cervicale). 16) Muscolo angolare della scapola.
17) Muscolo omotracheliano. 18) Muscolo deltoide. 19) Muscolo tricipite.
20) Muscolo estensore anteriore del metacarpo e delle dita. 21) Muscolo flessore del metacarpo.
22) Muscolo flessore laterale del metacarpo. 23) Muscolo flessore obliquo del metacarpo. 24) Muscolo interno del gomito.
25) Muscolo lungo elevatore delle falangi. 26) Muscolo gran dorsale. 27) Muscolo pettorale aseendente.
28) Muscolo retto dell’addome. 29) Muscolo grande obliquo addominale. 30) Muscolo gluteo medio.
31) Muscolo tensore della fascia lata.32) Muscolo psoas. 33) Muscolo gluteo superficiale. 34) Muscolo bicipite femorale.
35) Muscolo semimembranoso. 36) Muscolotibiale anteriore. 37) Muscolo lungo estensore delle falangi.
38) Muscolo lungo estensore della gamba. 39) Muscolo flessore profon-do delle falangi. 40) Tendine d’Achille

Scheletro


Lo scheletro

1) Osso intermascellare. 2) Osso mascellare superiore. 3) Osso frontale. 4) Osso parietale. 5) Processo zigomatico.
6) Mandibola. 7) Cavità orbitale. 8) Atlante.9) Ultima vertebra del collo. 10) I costola. 11-12) Falsecostole.
13) Manubrio dello sterno. 14) Apofisixifoidea. 15) III vertebra dorsale. 16) XIII dorsale. 17) I lombare. 18) Ultima lombare. 19) Sacro. 20) Coda. 21) Scapola. 22) Omero. 23) Radio. 24) Ulna. 25) Carpo. 26) Metacarpo. 27) Falangi. 28) Bacino. 29) Articolazione coxofemorale. 30) Femore. 31) Rotula. 32) Tibia. 33) Fibula. 34) Tarso. 35) Metatarso. 36) Falangi

Bruno
Camp. Int. It. Bruno del Soccorso (figlio di Anton v. Höfli), denominato “la testa” dai sambernardisti americani
Arti anteriori o toracici

Appiombi regolari di profilo:
1) La verticale abbassata dalla punta delle spalle al suolo deve sfiorare la punta delle dita.

2) La verticale abbassata dal centro dell’articolazione del gomito deve dividere l’arto in due parti quasi
uguali (maggiore è l’anteriore) e toccare il suolo appena dietro il piede.

Appiombi regolari di fronte:
1) La verticale abbassata dalla punta della spalla al suolo deve dividere in due parti quasi
uguali l’avambraccio, il carpo, il metacarpo e il piede.

2) La lunghezza dell’arto anteriore al gomito è pari al 50-55% dell’altezza al garrese.

Spalla


La spalla, asciutta, lunga, obliqua, dotata di muscoli adeguatamente lunghi e potenti senza esserne sovraccaricata (tanto da permettere un’ampia oscillazione attorno alla sua estremità), deve essere aderente al torace ma libera nei movimenti. La sua lunghezza, dalla articolazione scapolo-omerale (punta della spalla) alla sommità del garrese, corrisponde al 30% dell’altezza del cane.
L’angolo della scapola con l’orizzontale (angolo spina acromiana-orizzonte) è di circa 50°.
Le punte delle scapole, in rapporto al piano verticale del corpo, sono relativamente distanziate fra loro, se ravvicinate o troppo distanziate e corte sono da pena1izzare.
Come abbiamo accennato a proposito del garrese nel San Bernardo si riscontra abbastanza spesso la spalla dritta che, associata a braccio eccessivamente inclinato, modifica negativamente costruzione e movimento. La spalla dritta è da penalizzare e così la spalla poco muscolosa e con cinto scapolare rilassato, grassa, gracile, pesante e legata nei movimenti. Quest’ultimo difetto è piuttosto frequente nel San Bernardo (spalla incavigliata).

Braccio


Il braccio, forte, lungo (la misura va presa dalla punta della spalla alla punta del gomito), di eccezionale sviluppo osseo e muscolare, ha una lunghezza pari al 325 dell’altezza al garrese (cioè supera la lunghezza della spalla) e forma un angolo con l’orizzonte di 55°/60°. Se poi la spalla è dritta e il braccio troppo inclinato il bari centro si sposta in avanti (tronco gettato sul davanti) il piede viene sovraccaricato, l’andatura diventa radente perché gli arti si sollevano poco. L’allungo è ridotto il soggetto «rade il tappeto». Questo è un difetto comune nel San Bernardo e va fortemente penalizzato. Ne caso contrario il collo si rialza, il baricentro si sposta indietro, il posteriore va in sovraccarico, aumenta la staticità del soggetto: è un difetto non molto frequente nella nostra razza, anche se abbiamo avuto occasione di osservarlo.
L’angolo scapolo-omerale si aggira sui 105°/110°. Da penalizzare il braccio troppo inclinato o troppo dritto, il braccio gracile, corto e poco muscoloso.
Il braccio deve trovarsi, come la scapola, su un piano parallelo a quello mediano del corpo.

Avanbraccio


Il gomito, lungo e prominente, deve, come il braccio, trovarsi su un piano rigorosamente parallelo a quello mediano del corpo, condizione questa indispensabile per avere l’appiombo regolare in quanto i gomiti deviati in fuori o scollati (aperti) producono frequentemente cagnolismo, mentre quelli spostati in dentro (chiusi) provocano mancinismo. Ambedue le deviazioni sono da penalizzare, particolarmente la seconda che è assai frequente.
La punta del gomito è situata sulla verticale abbassata dall’angolo caudale della scapola al suolo. Questo è anche un buon punto di riferimento per misurare la giusta inclinazione dell’omero.
L’avambraccio è perfettamente verticale, a sezione trasversale ovale, fortissimo, ben muscoloso, con ossatura enorme e compatta. Scanalatura carpo-cubitale ben visibile, grande sviluppo dell’osso pisiforme. La lunghezza dell’avambraccio, valutata dalla punta del gomito alla prima articolazione del carpo, è leggermente superiore a quella del braccio (33% dell’altezza al garrese), il suo perimetro, misurato immediatamente sotto al gomito, corrisponde al 39% dell’altezza al garrese. Da bandire nel San Bernardo gli avambracci sottili, corti, gracili (che si accompagnano spesso a petto stretto).
Da penalizzare gli avambracci deviati dall’appiombo e arcuati (ossatura spongiosa). Questi ultimi sono sempre espressione di rachitismo.

Carpo


Il carpo è asciutto, netto, largo, spesso e verticale come l’avambraccio. Nei cuccioli e cuccioloni San Bernardo sino a 1 anno (anche oltre, nei maschi) è ipertrofico con rigonfiamenti ossei notevoli, la qual cosa non è da ascrivere al rachitismo. Nell’adulto, se convesso anteriormente o a tessitura spongiosa, è da penalizzare.
Il carpo qualche volta è spostato in avanti oltre la verticale (arrembatura) o arcuato all’indietro.
Frequentemente è deviato all’indietro e di conseguenza i metacarpi e i piedi sono portati all’infuori (mancinismo), o deviato all’infuori con metacarpi e piedi all’indentro (cagnolismo). Tutte queste deviazioni sono da penalizzare, particolarmente il mancinismo che è difetto comune nella razza

Metacarpo


Il metacarpo, di grossezza alquanto inferiore all’avambraccio, è molto robusto, poco inclinato, senza eccessi in lunghezza. Visto di fronte segue la linea perpendicolare dell’avambraccio e del carpo. Visto di profilo è solo lievemente steso e forma un angolo col terreno di 75°/80°.
La sua lunghezza è pari all’8% dell’altezza al garrese.
Se il metacarpo è eccessivamente lungo e piegato il cane si definisce «lungo giuntato». Questo difetto (penalizzabile nell’adulto) è comunissimo nei giovani cani sino a 12 mesi e scompare quasi sempre nella maturità. Se il metacarpo è corto, quindi anche diritto, il cane si definisce «corto giuntato» o «diritto sui metacarpi». Tale difetto non è grave, considerata la funzione di scavo del San Bernardo.

Piede


Il piede è rotondo, largo, con dita molto arcuate e raccolte (piede da gatto) e con membrana interdigitale ben sviluppata. Cuscinetti plantari e digitali carnosi con suola particolarmente dura e di grande consistenza, unghie fortissime e arcuate. Tutto ciò, unitamente alla elasticità carpo-metacarpiana, consente al San Bernardo, con opportuno allenamento, di effettuare lunghi percorsi sulla neve ghiacciata senza riportare traumi ed escoriazioni ai piedi.
Penalizzabili sono: il piede lungo, il piede ovale (piede di lepre), il piede schiacciato, il piede a dita divaricate e poco arcuate, il piede voltato verso l’interno e verso l’esterno. Il piede a dita divaricate denuncia linfatismo ed è ereditario. Il piede piatto affatica l’animale che deve muoversi sui difficili terreni di montagna.
In sintesi le più comuni deviazioni dell’appiombo degli arti anteriori sono, nel San Bernardo, le seguenti:

di profilo:

a) deviazione totale dell’arto.
1) Cane gettato sul davanti o riunito al davanti (la verticale cade a distanza dalla punta del piede).
Il difetto opposto (cane disteso al davanti: la verticale cade sul piede) è raro nel San Bernardo.

b) deviazione parziale dell’arto.
1) Cane lungo giuntato (metacarpi troppo lunghi e piegati).

di fronte:

a) deviazione totale dell’arto.
1) Cane chiuso davanti (arti convergenti in basso dentro la verticale).
2) Cane aperto davanti (arti divergenti in basso perciò fuori della verticale).
3) Cane con avambraccio a lira (arcuato).

b) deviazione parziale dell’arto.
1) Cane mancino (l’avambraccio è sulla verticale ma l’arto dal carpo al piede ruota in fuori).
2) Cane cagnolo (l’avambraccio segue la verticale ma l’arto dal carpo al piede ruota in dentro).

Arti posteriori


Appiombi regolari di profilo:
La verticale abbassata dalla punta della natica al suolo deve avvicinarsi ma non toccare la punta delle dita. Metatarso sempre verticale.

Appiombi regolari di dietro:
La verticale abbassata dalla punta della natica al suolo divide in due parti uguali tutto l’arto.

Coscia


La coscia, lunga, larga, convessa, con muscoli sviluppatissimi lunghi e prominenti, ha un perimetro misurato all’inguine non inferiore al 70% dell’altezza al garrese.
I1 complesso della muscolatura groppa-bacino-natiche-coscia deve essere estremamente potente. Il deficiente sviluppo muscolare di queste regioni infirma la funzionalità del posteriore e favorisce nei giovani cani la deprecata sublussazione dell’articolazione coxo-femorale. Il suggerimento dato da alcuni cinologi di selezionare i cuccioli piú leggeri al fine di ottenere cani esenti da tale malformazione non è applicabile al San Bernardo perché in questa razza i cuccioli piú sviluppati e pesanti sono sempre i prescelti. È invece opportuno usare riproduttori che abbiano una circonferenza di coscia quanto piú ampia possibile.
La lunghezza della coscia si aggira attorno al 33% dell’altezza al garrese.
La sua faccia esterna, da un bordo all’altro, deve superare il 25% di tale altezza. La sua direzione, rispetto all’orizzonte, è alquanto obliqua dall’alto al basso e dall’indietro al davanti ed ha un’inclinazione di 80° sull’orizzontale, formando con l’asse del coxale un angolo di circa 105°/115° (angolo coxo-femorale). La sua direzione, rispetto al piano sagittale del corpo, è quasi parallela.
Da bandire la coscia corta, piatta, o con muscoli atrofici (un ridotto sviluppo dei muscoli di natica, coscia e gamba determina la cosiddetta “coscia di pollo”, deleteria dal punto di vista funzionale ed estetico). Da penalizzare la coscia troppo verticale o troppo inclinata, aperta (che comporta vaccinismo), chiusa (che comporta posteriore a botte-cagnolismo).
La natica, sottoregione della coscia, è lunga, cioè ben discesa (come si conviene ad un galoppatore), convessa, muscolosissima e prominente alla punta. I soggetti con natica poco muscolosa hanno cosce scarnite e posteriore debole.
In genere a groppa orizzontale corrisponde una natica ben discesa e una coscia lunga, a groppa inclinata o, peggio, awallata, corrisponde una natica corta.

Gamba


La gamba è di media lunghezza, massiccia, con eccezionale ossatura e muscolatura. Libera da tessuto cellulare sottocutaneo, ha la scanalatura gambale ben evidenziata ed è perfettamente parallela all’asse mediano del corpo.
La sua lunghezza corrisponde al 31,5% dell’altezza al garrese. La sua inclinazione sull’orizzontale è di circa 55°/60° e dipende dalla direzione della groppa che nel San Bernardo è orizzontale (gamba dritta = groppa orizzontale, gamba obliqua = groppa inclinata – difetto). L’angolo femoro-rotuleo-tibiale è di circa 135°/140°.
Da bandire la gamba gracile e corta, da penalizzare la gamba esageratamente obliqua o troppa dritta.

Garretto


Il garretto è una regione molto importante, non soltanto per la sua funzione di sostegno, ma anche perché molla propulsiva del posteriore.
Nel San Bernardo il garretto dev’essere largo, eccezionalmente spesso, asciutto, netto, fortissimo e con salienze ossee ben evidenziate.
La punta del garretto mostra nettamente la continuazione della scanalatura gambale.
Circa il grado di apertura dell’angolo tibio-mettarsico lo standard non ci fornisce alcun dato. Dice soltanto: «I garretti sono moderatamente angolati». Noi pensiamo a un angolo tibio-metatarsico sui 145°/150°. È opportuno sottolineare che il San Bernardo, come la maggior parte dei cani da montagna, ha l’articolazione tibio-metatarsica poco flessa. Infatti l’angolo del garretto è in rapporto all’inclinazione della tibia (dato che il metatarso è sempre verticale): tibia poco inclinata = angolo tibio-metatarsico aperto, ma la tibia, come visto, ha l’inclinazione rapportata all’andamento della groppa. Groppa orizzontale dunque = angolo del garretto aperto, groppa avvallata = angolo del garretto chiuso.
Val la pena di rimarcare che tutto il posteriore del San Bernardo è poco flesso e ciò in rapporto alla sua funzione di cane da montagna (il cui tipico passo non è «allungato» ma «ordinario»): un trattore in salita avanza più agevolmente se gli viene applicata la «ridotta», e non le normali marce da pianura. Da ciò si deduce che sui ring delle esposizioni pretendere che il San Bernardo cammini e trotti come i cani molto flessi posteriormente (tipo pastore tedesco) è un’eresia che parecchi giudici commettono e che ha pregiudicato la costruzione di molti San Bernardo americani, come vedremo nel capitolo dedicato al movimento.
Il San Bernardo va soggetto all’igroma del calcaneo (cappelletto) e questa tara va penalizzata perché, anche se non è completamente di ostacolo al funzionamento del garretto, è esteticamente deturpante.
Molti San Bernardo hanno il posteriore sotto di sé con conseguente metatarso obliquo in avanti. Questo è un grave difetto perché il baricentro viene spostato all’indietro e il garretto sovraccaricato (garretto a gomito). Al contrario, se il garretto è obliquo all’indietro (con angolo tibio – metatarsico troppo aperto – cane fuori di sé posteriormente), costituisce ugualmente un grave difetto perché l’impulso ne risulta pregiudicato. Ambedue i difetti sono comuni nel San Bernardo, soprattutto il primo.
Le false posizioni degli arti possono provocare un allentamento dell’articolazione tibio-metatarsica con garretto vacillante in movimento.
Nei cani ritti sul posteriore si può avere addirittura una tendenza all’inversione nell’angolatura del garretto. Questo difetto, piuttosto frequente un tempo, ed ora raro a vedersi va, come il primo, severamente penalizzato.
L’altezza del garretto (dalla punta alla pianta del piede) corrisponde circa al 27% dell’altezza al garrese.
Da penalizzare il garretto soverchiamente alto, stretto, poco spesso con angolo troppo chiuso o troppo aperto.

Metatarso


Il metatarso, asciutto, di grande spessore, robustissimo, non molto lungo, deve trovarsi sempre in posizione perpendicolare al suolo sia visto di fianco che posteriormente. Da penalizzare se troppo lungo, gracile e fuori appiombo.
Nella sua faccia interna porta speroni semplici o doppi che assumono spesso grandi dimensioni.
Lo sperone semplice o quinto dito deve essere eliminato perché di impedimento nella deambulazione. Infatti tale alluce rudimentale, quando l’unghia non viene tagliata, diventa una vera e propria arma che può ferire l’arto opposto o incunearsi nelle parti molli dell’arto stesso che lo porta, provocando infezione.
Circa i doppi speroni noi non condividiamo l’opinione di coloro che li ritengono necessari per impedire al cane di sprofondare nella neve in quanto queste dita supplementari, sempre malferme e mobili, quando il cane affonda nella neve semighiacciata, vengono spinte bruscamente in alto e tendono a lussarsi.

Piede


Il piede è leggermente meno rotondo dell’anteriore ed ha falangi meno arcuate.
I piedi girati alquanto in fuori non costituiscono difetto pesante, se i metatarsi sono in appiombo.
I difetti sono i medesimi del piede anteriore.
Tralasciando le numerose varianti, le più comuni deviazioni dell’appiombo degli arti posteriori sono, nel San Bernardo, le seguenti:

Di profilo:

a) deviazione totale dell’arto.
1) Cane riunito al di dietro (o sotto di sé posteriormente). Il piede si trova davanti alla verticale e gli arti
posteriori sono spostati sotto il tronco. La groppa è avvallata.
2) Il piede si trova davanti alla verticale, gli arti sono spostati sotto il tronco, la gamba è quasi sempre
perpendicolare, il garretto è diritto (o aperto). La groppa è avvallata.
3) Cane disteso al di dietro o fuori di sé posteriormente. Il piede si trova notevolmente dietro la verticale
senza sfiorarla, quindi gli arti posteriori sono spostati all’indietro. La groppa è orizzontale.

b) deviazione parziale dell’arto.
1) Garretto chiuso: la deviazione inizia dal garretto e il tarso, il metatarso e il piede sono obliqui in avanti.
2) Garretto aperto: difetto opposto al n. 1.

Di dietro:

a) deviazione totale dell’arto.
1) Cane chiuso di dietro (arti convergenti in basso quindi dentro la verticale).
2) Cane aperto dietro (arti divergenti in basso quindi fuori dalla verticale).
3) Cane vaccino (i garretti sono in dentro della verticale e i piedi voltati in fuori).
4) Cane cagnolo (i garretti sono in fuori della verticale e i piedi ruotati in dentro).

Manto

Vatrietà a pelo corto


Il pelo è alquanto corto (ma non cortissimo) a tessitura semivitrea, lucido, brillante, aderente alla pelle, sostenuto ma non ruvido al tatto, molto denso, chiuso, con sottopelo molto abbondante soprattutto d’inverno. Si avvicina al tipo di pelo del pastore tedesco (a pelo duro e compatto). Sul tronco il pelo ha una lunghezza da cm 2,5/3 (costato) a cm 5 (groppa) a cm 6/7 (collare).
È ammessa una leggera ondulazione sul dorso, reni, groppa e natiche.
Sul muso e sul cranio il pelo è liscio, fine e non supera cm 1,5.
Sulle orecchie è leggermente più lungo.
Sul margine anteriore e sulle facce laterali dell’avambraccio, tarso e metatarso, è assai corto. Sul margine posteriore di queste regioni è più lungo, pur senza dar luogo a frangia. Sulle cosce forma leggeri calzoni.
Sulla coda il pelo è alquanto più lungo che altrove e raggiunge il suo massimo (cm 7) a metà lunghezza della coda stessa, decrescendo gradualmente verso la punta.
I mantelli a pelo troppo corto o troppo morbido vanno penalizzati.

Vatrietà a pelo lungo


Il pelo è di media lunghezza, a tessitura semivitrea, lucido, brillante, tipico da neve, cioè aderente al corpo piatto, denso, fitto e, soprattutto d’inverno, fornito di morbido sottopelo.
Sul tronco il pelo ha una lunghezza da cm 4 (costato) a cm 8 (groppa).
Appena leggermente ondulato su dorso, lombi, groppa e natiche. Sul cranio il pelo è corto (cm 2) liscio, fine, soffice e vellutato.
Sulle orecchie è setaceo, leggermente meno corto, mai lungo. Sul collo il pelo è lungo come sul dorso, ma più fitto. Sul margine anteriore e sulle facce laterali dell’avambraccio, tarso e metatarso è corto (cm 2). Sul margine posteriore delle suddette regioni dà luogo a frange. Sulle cosce forma calzoni (che non devono giungere al garretto).
Sulla coda il pelo è più lungo che sulle altre parti del corpo. Raggiunge il suo massimo (cm 12 circa) a metà lunghezza della coda, decrescendo poi gradualmente verso la punta. Da bandire il pelo a tessitura lanosa, crespo, a ciocche o a bioccoli.
Da penalizzare il pelo notevolmente ondulato, troppo ruvido o troppo soffice (linfatismo).
L’accoppiamento ripetuto per più di tre generazioni fra esemplari della varietà a pelo lungo tende a dare soggetti con pelo troppo ondulato e troppo lungo.
Il miglior mantello a pelo lungo lo si ottiene accoppiando spesso cani a pelo lungo con cani a pelo corto.

Colori del mantello


Bianco e rosso e rosso e bianco.
Il bianco deve essere brillante, luminoso, puro e di un eccezionale candore.
Obbligatoriamente bianchi sono: canna nasale, collare, petto, piedi e punta della coda.
Se non esiste collare bianco il cane non è penalizzabile, purché vi sia una macchia bianca in prossimità della nuca. Il rosso, che comprende diverse tonalità, dal mogano al fulvo, all’arancio carico, deve essere brillante, intenso, caldo, con riflessi rameici.
Lo standard afferma che il colore rosso ed il giallo bruno sono di uguale valore. Noi non condividiamo questa asserzione perché il giallo bruno, anche se comune nel San Bernardo, è un colore spento che toglie vivacità e quindi pregio al mantello.
Il giallo bruno era comune nei primi soggetti da esposizione del secolo scorso quale risultato della fusione di mantelli a pezzature fulve o giallognole con mantelli a pezzature tigrate.
Come noto il vecchio prototipo da lavoro era spesso tigrato. Lo stesso Barry aveva evidenti tigrature nelle parti colorate ed anche oggi capita di osservare cani con accenno a questo tipo di mantello.
Piacevole il manto color mogano scuro che è costituito da peli fulvi alla base e neri alla punta. Cani con mantello di questa gradazione hanno spesso esuberanza di nero nella maschera.
Le sfumature nere su fondo rameico, se di modesta entità, vivacizzano il manto, se in eccesso (carbonatura), lo incupiscono e vanno perciò penalizzate.
Nei mantelli carichi di colore spesso la tonalità è più scura alla demarcazione con il bianco sugli arti e sulla coda. Alle volte, in questi punti, il mogano scuro sfuma nel grigio per la fusione di peli a punta nera coi peli bianchi.
L’ampiezza delle marcature rosse determina tre tipi di mantelli:
1) Il mantello a macchie rosse (più o meno ampie) sparse nel bianco dominante. In qualche caso dette
macchie sono a loro volta punteggiate di bianco.
2) Il mantello a pezzatura rossa prevalente ed uniformemente distribuita, sempre salvo le parti bianche
obbligatorie (mantello a sella completa).
3) Il mantello a pezzatura rossa prevalente ma con venature a chiazze bianche sparse all’interno
(mantello marezzato o frastagliato).
Nel passato erano frequenti i mantelli del tipo n. 1, ora prevalgono i tipi del n. 2 e 3. Non vi sono differenze di valore.

Va notato che le marcature rosse estese (n. 2 e 3) devono formare disegni quanto piú possibile regolari.
La maschera deve essere simmetrica e presentarsi ai lati della banda bianca centrale con una ombreggiatura scura quasi nera che sfuma lateralmente, dapprima in una tonalità mogano cupo, fino a diventare progressivamente, nelle guance e ai lati della fronte, dello stesso colore del mantello. Detta ombreggiatura, simile a scuro velluto, deve essere brillante (opaca non è gradita) e determinare un netto contrasto con il candore assoluto della banda bianca che attraversa il cranio longitudinalmente e investe buona parte del muso.
Questo contrasto contribuisce a dare al cane il suo aspetto nobile.
L’ombreggiatura della maschera può localizzarsi a una esigua zona attorno agli occhi (occhiali) ma è preferibile si estenda con toni più o meno scuri e sfumati a fianco dell’intera striscia bianca sulla testa e sul muso.
La maschera interamente abbrunita, cioè non sfumante lateralmente in un tono meno cupo, toglie pregio alla testa. La mancanza di ombreggiatura scura nella maschera è severamente penalizzabile.
La banda bianca sul muso e sulla fronte è preferibile sia alquanto larga senza però mai protendere oltre l’angolo nasale dell’occhio.
Molto ricercata è la banda bianca che partendo muso prosegue sul capo e si congiunge al collare bianco (tonaca del benedettino).
La banda bianca troppo esigua, soprattutto sul naso, incupisce l’espressione e toglie nobiltà alla testa. Sono da penalizzare fortemente i cani senza la banda bianca sulla fronte ed i cani con maschera facciale asimmetrica. La testa interamente bianca in generale non è ammessa. Può essere eccezionalmente perdonata, pur provocando una rilevantissima perdita di punti, in esemplari di gran classe. (Alcuni famosi cani a testa bianca pervennero alle massime qualifiche e al campionato, ma si tratta di eccezioni).
Le macchie bianche alle orecchie sono ammesse, purché non coprano più di 1/3 della superficie esterna del padiglione. Molti soggetti presentano punteggiature bruno scure o nere sulle parti bianche del muso e del capo e delle punteggiature fulve o rosse, o aranciate nere sulle parti bianche della figura.
Queste punteggiature, sempre poco gradite, sono tuttavia tollerabili nel muso e nel cranio soltanto se sono fitte e se disposte in modo da non turbare il candore delle parti bianche.
Quando sono fitte declassano completamente l’animale perché gli conferiscono uno spiacevole aspetto lo privano della indispensabile nobiltà.
Le picchiettature sulle parti bianche del corpo tolgono sempre pregio al cane e sono da assolvere sola mente quando quasi impercettibili e sparse.
In ogni caso va ribadito che le parti bianche devono essere esenti da picchiettature.
Talvolta in soggetti a maschera molto abbrunita e zone a bianco molto pulito compaiono delle chiazze di depigmentazione sulle labbra (ladre). Detto fenomeno che va penalizzato, dipende dalla distribuzione anomala della melanina (carenza sulle parti bianche e concentrazione eccessiva nelle parti scure) e dall’assottigliamento della pelle in corrispondenza della commessura della faccia anteriore delle labbra e degli orli labiali.
I colori sbiaditi, bruciati, opachi, sono da penalizzare. Nelle cucciolate i soggetti con colori bruciati vanno eliminati perché nell’età adulta tali colori diverranno opachi.

Pelle


La pelle è di colore rosato con chiazze pigmentate sparse.
Il tartufo, i margini delle palpebre e delle labbra sono neri.
Il pigmento delle suole dei cuscinetti plantari e digitali deve essere scuro.
La depigmentazione, anche parziale, del tartufo e dei margini palpebrali, è un difetto gravissimo.
La pelle deve essere molto consistente, tonica con derma spesso e ben nutrito in ogni regione del corpo.
La pelle nell’adulto non deve essere sovrabbondante né eccedere in tessuto cellulare sottocutaneo.
Sulla fronte la pelle forma rughe, che come abbiamo detto, devono essere pochissimo pronunziate leggermente più evidenti nella varietà a pelo corto a causa del mantello meno pesante. L’eccesso di rughe e la sovrabbondanza di pelle sulla fronte, toglie al cranio il suo aspetto «scolpito».
La giogaia, che è un carattere etnico, non deve essere assolutamente in eccesso e se tale va penalizzata.
In genere un collo troppo carico di giogaia si accompagna a occhi scoperti e a pelle rilassata.
Noi preferiamo i soggetti asciutti e che presentino a capo eretto sobrietà di pliche e di rughe.
La pelle sottile e morbida è da bandire.

Altezza al garrese


San Bernardo detiene i massimi records in taglia della specie canina.
La sua enorme mole, derivata dall’ancestrale molosso pesante, ha sempre trovato nell’utilizzazione della razza la sua fondamentale ragione di essere. Infatti nel corso dei secoli i monaci del Gran San Bernardo hanno senza tregua cercato di potenziare statura e massa onde disporre di soggetti adatti a un lavoro così pesante da essere quasi inconcepibile per un cane.
La funzione del San Bernardo, come cane da lavoro, richiedeva cioè, unitamente a finissimo olfatto, l’erculea forza di un gigante.
Da aggiungere che nel periodo storico dei salvataggi il cane agiva spesso individualmente (cioè senza l’ausilio dei monaci) cosicché la salvezza di una o più vite umane era affidata solo alla forza, resistenza e potenza dell’animale. Oggi invece con l’uso degli elicotteri e dei piccoli aerei da montagna (che possono atterrare in esigui spazi), l’attività di soccorso dei cani si riduce alla esplorazione della slavina – per individuare eventuali esseri umani sepolti – mentre il compito di disseppellire, rimuovere, trasportare gli infortunati è svolto da soccorritori umani. E cioè un lavoro che anche cani di modesto formato (o addirittura di altra razza) possono svolgere.
Noi amatori del classico San Bernardo, consideriamo tuttora il gigante alpino un cane da lavoro così come lo concepirono i monaci e perciò non ci stancheremo mai di sollecitare gli allevatori ad ottenere cani i più grandi possibile pur nel giusto rapporto taglia-volume-peso.
Ed anche i giudici dovrebbero tenere sempre presente il principio che il San Bernardo «più alto è meglio è purché sia rispettata la simmetria», e fra due cani fisicamente validi e morfologicamente di uguale valore dare sempre la preferenza al più grande.
I giudici specialisti di regola premettono alla descrizione del cane in giudizio una valutazione della sua taglia. Sarebbe auspicabile che tale sistema venisse adottato anche dai giudici «all round».
In generale la taglia viene definita «molto grande», quindi ottima nel San Bernardo, quando è oltre cm 86 per i maschi e oltre cm 80 per le femmine; «grande» quando va da cm 82 a 86 per i maschi e da cm 75 a cm 80 per le femmine; «media» da cm 78 a cm 82 per i maschi e da cm 70 a cm 75 per le femmine; «piccola» da cm 70 a 78 per i maschi e da cm 65 a 70 per le femmine.
I compilatori dello Standard internazionale qui riportato fissarono i valori minimi di taglia ma opportunamente non i massimi, nella convinzione che in questa razza gigante non può esistere alcun limite superiore di taglia.
È comunque desiderabile che i minimi previsti dallo Standard vengano alzati. Noi proponiamo minimo cm 78 per i maschi e cm 72 per le femmine.
Nel «periodo d’oro del San Bernardo» (1920-1940) raramente si vedevano nelle esposizioni in Svizzera, Germania, Olanda maschi inferiori a cm 80 e tutt’altro che rari erano i soggetti sopra cm 90.
Anche attualmente un buon San Bernardo per accedere al campionato non dovrebbe mai andare – salvo eccezioni – al di sotto di cm 80-82 ma superare abbondantemente tale limite e raggiungere se possibile le taglie massime dell’Alano e dell’Irish Wolfhound con maggiore volume, maggior lunghezza del tronco e maggior peso, naturalmente.

Peso


Nessuna razza raggiunge i records di peso del San Bernardo e si può con sicurezza affermare che questo cane è il più pesante della specie.
Abbiamo letto o sentito parlare sovente di San Bernardo che avevano pesi eccezionali. Noi stessi abbiamo avuto e abbiamo tuttora nel canile soggetti di oltre 110 chili.
Va però precisato che tali pesi, veramente inusitati, hanno esclusivamente valore di curiosità e non possono essere presi come regola perché riferiti in genere ad animali obesi. Ancora una volta precisiamo che il San Bernardo è un cane da lavoro e che quindi l’eccesso di adipe va a detrimento della funzionalità.
I cani obesi hanno fiato corto, sono pigri, svogliati e inabili alla monta.
Nel San Bernardo si deve considerare ideale il cosiddetto peso forma o peso atletico, cioè quel peso che permette all’animale di estrinsecare appieno la sua potenzialità fisica.
Tale peso può stabilirsi nel maschio adulto in un chilogrammo per ogni cm di altezza al garrese.
Per le femmine il peso va ridotto del 15%.
In queste note abbiamo cercato di esaminare alcuni dettagli morfologici del San Bernardo senza la pretesa di offrire al lettore uno studio sistematico della razza. Per tale ragione saremo grati a chi vorrà correggere nostri eventuali errori o perfezionare quanto troppo sommariamente abbiamo trattato.
Desideriamo precisare che un campione San Bernardo non rappresenta mai la somma algebrica di regioni tutte corrette ma qualcosa di più e di diverso.
E aggiungiamo, anche se può sembrare un paradosso, che i più grandi campioni non sempre sono i cani meno segnati da difetti di costruzione, ma bensì quei soggetti che per la loro folgorante tipicità colpiscono maggiormente la sensibilità e la fantasia dell’osservatore.